martedì 2 giugno 2020

Il 2 giugno, nell'emergenza Covid-19

Il 2 giugno ha il significato di un progetto unitario di società. Contro la crisi da Covid-19, è importante ritrovare quello spirito nel solco della Costituzione repubblicana


(Angelo Perrone) Il Covid-19, quest’anno, ha stravolto anche la festa del 2 giugno. Niente celebrazioni pubbliche per la nascita della Repubblica e l’elezione dell’assemblea costituente, dopo il ventennio fascista. Soltanto il volo simbolico delle Frecce tricolori sulla Capitale a ricordare l’evento, al termine di un tour iniziato il 25 maggio nei cieli delle principali città italiane.
Le restrizioni impediscono, con la sfilata dei reparti, la festa che accompagna il ricordo della data. A parte ciò, sono assorbenti in questo momento le preoccupazioni per la capacità di ripartenza del paese dopo la più grave crisi sociale, post ricostruzione dalle macerie della guerra.
Innumerevoli le critiche alla gestione dell’epidemia, alle misure di contenimento del contagio, da ultimo alle iniziative per far ripartire l’economia, rivitalizzare la società. C’è stato un diluvio di decreti, con una sovrapposizione di norme a discapito della chiarezza, non sempre giustificate dalla necessità di procedere per tappe.
Troppe cose non hanno funzionato, o sono rimaste a metà. Gli stanziamenti per la cassa integrazione spesso non sono arrivati ai destinatari. Le banche, nonostante le garanzie dello Stato, tardano a concedere i prestiti, o addirittura li rifiutano in modo ingiustificato. I tamponi e le mascherine, a distanza di settimane dall’inizio della pandemia mancano o non sono previsti, l’app Immuni, destinata al tracciamento dei contagi, è andata persa.
Su tutto, quello che preoccupa maggiormente è la logica delle misure adottate per far ripartire il paese. Quel ricorso sistematico a forme di sussidio ed assistenza, pure indispensabili, a discapito del rilancio dell’economia, del sostegno a innovazione, crescita, sviluppo. L’intervento sull’emergenza più che sul lungo periodo.
Proprio il richiamo al 1946 è utile per orientarsi. Si è parlato in questi giorni della possibilità (o necessità) di un accordo di tutti i partiti per la migliore gestione della pandemia, si sono praticati (maldestri) tentativi di consultazione e collaborazione per questo scopo. Sempre con scarso successo, inutilmente. Sono prevalsi gli schemi della politica di bassa lega. Polemiche di poco conto, attacchi alle persone, mosse strumentali per acquisire spazio, guadagnare posizioni, in vista di future manovre. Non per risolvere problemi. Nessuna visione d’insieme, strategica.

Tutto assai diverso dallo spirito del dopoguerra, quando, indipendentemente dalle divergenze tra i partiti antifascisti, liberali-cattolici-socialisti-comunisti, l’intera classe politica ricercò un’intesa sui principi generali che dovevano valere per tutti. Una visuale oltre gli interessi di parte, le ragioni di questo o quel partito, le schermaglie tra i gruppi che si contendevano il potere. Ci sarebbe stato modo in seguito, per ciascuno, di condurre la propria battaglia.
Il risultato che quegli uomini seppero creare, la Costituzione, è la base non solo normativa, ma ideale, della Nazione. Riferimento di tutti, indipendentemente dalle singole opinioni. Un quadro di valori in cui ognuno può riconoscersi pienamente. Per questo il 2 giugno è festa nazionale, e non l’occasione per manifestazioni di parte, di qualunque segno e per qualsiasi motivo. Come quella indetta dai gruppi di centrodestra per protestare contro governo ed Europa.
Non è un caso se, a questo sistema di regole elaborato dalla classe politica dell’epoca, si continua a fare riferimento nella situazione drammatica di oggi. Per esempio, per ribadire l’idea del valore e della funzione sociale della “sanità pubblica”, presidio fondamentale nell’assistenza dei cittadini; per definire i limiti delle restrizioni imposte dal contenimento del virus ai diritti individuali; ancora per riaffermare un modello condiviso di tessuto sociale.
Le lacune emerse nella politica sanitaria delle regioni o la contraddittorietà di tante decisioni locali confermano la validità dei principi generali. La salute dei cittadini non può che essere oggetto di un impegno organico su tutto il territorio, secondo un modello omogeneo di pratiche curative ed assistenziali, senza eccezioni o difformità.
Semmai gli aspetti negativi servono a sottolineare che si dovrà ripensare lo schema di sanità delineato dal titolo quinto della Costituzione con la riforma del 2001, perché troppo spesso l’autonomia regionale è andata a discapito delle esigenze del singolo territorio e dell’intera collettività. L’emergenza Covid ha mostrato i limiti di quell’impostazione.
Ricordare la data del 2 giugno non deve avere un significato solo commemorativo, senza ricadute sull’attualità. Occorre invece tornare al dopoguerra per mettere a frutto l’insegnamento della classe dirigente cresciuta nella Resistenza: lo spirito lungimirante nel modo di affrontare l’uscita dal disastro bellico.
E’ un esempio da valorizzare, non solo ricordare, oggi che siamo alle prese con una crisi analoga, in assenza di eventi bellici, ma non per questo meno cruenta e grave. La concordia di questi tempi non può prescindere dalla chiarezza circa gli obiettivi da perseguire e gli strumenti da scegliere.
Serve un’idea forte di società, un progetto organico per costruire un contesto sociale più progredito, moderno e solidale. Senza questo slancio ideale, sarà impossibile uscire dall’emergenza e soprattutto farlo in modo efficace.

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