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Paolo Rossi e i ragazzi dell'82

Paolo Rossi: uno di noi

di Marina Zinzani

Forse il Covid ci ha reso più fragili, la morte, l’eventualità della morte può nascondersi in mezzo alla folla, anche solo facendo la spesa. Forse la mancanza di vacanze, dello staccare, soprattutto con la mente, ha reso pallidi i nostri volti, quasi spenti i nostri occhi, inquieti i nostri cuori.
Forse il lungo peregrinare fra una trasmissione e l’altra in tv ci ha reso deboli, insicuri più di quanto si dovrebbe in periodi come questo, il nostro sistema immunitario risente dell’umore, della paura, dell’avvilimento, della speranza, altalene e preoccupazioni, disincanto, in fondo, dopo così tanti morti.
Il passato è fatto di viaggi, di esperienze, di una sensazione di libertà che ora non si avverte più. Il passato è fatto di sogni, di leggerezza, che ora, anche solo a ricordare, stringe il cuore.
Dopo Maradona, ora è la volta di Paolo Rossi, e il ricordo di quegli anni, di quei ragazzi dell’82, fa affiorare alla mente una dimensione quasi epica, i miti, gli eroi, piccoli dei. Capaci di farci gioire, di far sentire vibrare la vita anche solo con una partita di calcio. L’euforia, le urla che esplodevano, la voglia di riscatto, essere tutti accomunati da qualcosa di impalpabile, che non era solo passione per la nostra squadra.
Ora, in questo anno in cui si succedono morti di personaggi che ci hanno accompagnato per decenni, diventati familiari, una specie di casa, di sapore buono, di qualcosa legato al bene perché ci hanno fatto passare momenti gradevoli, e anche entusiasmanti, si guarda ai filmati di allora con una stretta al cuore.
In una sorta di estraniamento, come se se fosse andata la giovinezza per sempre, quella dell’anima. E ci si ritrovasse all’improvviso più vecchi, con quasi nessun sogno. Quello del vaccino, timida speranza per ritornare quelli di un tempo. Pur sapendo che difficilmente ci verrà dato quello che è stato tolto. E quello che gli dei, così rigorosi nelle loro regole, ci fanno scivolare dalle dita.

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