giovedì 31 dicembre 2020

La regina degli scacchi

La serie televisiva Netflix: in un orfanatrofio anni ’50, una ragazzina ha un incredibile talento per gli scacchi. Ma deve lottare

di Marina Zinzani

Avevo sentito da qualcuno che "La regina degli scacchi" su Netflix, era una serie molto bella, che stava avendo molto successo, ma di fatto non mi attirava molto. Invece...
Sette puntate da cui non ci si stacca, ipnotiche, con un'attrice sconosciuta, Anya Taylor-Joy, che buca lo schermo, assolutamente perfetta. Nell'America degli anni 60, un'orfana, Beth, imparerà gli scacchi dal vecchio custode del collegio in cui vive.
Quando crescerà, comincerà una scalata che la porterà ad essere la numero uno degli scacchi, in un mondo maschile, e contro un destino avverso. Ce la farà, contando su se stessa e sulla rabbia, con una grande  voglia di rivalsa. Una specie di Cenerentola, piena di difficoltà, di dolore, di disagio, con abuso di alcol e droghe. Ma alla fine ce la farà, non vendendosi mai, rimanendo fedele a se stessa.
Mi sono chiesta perché questa serie, certo originale, tratta da un romanzo, è così piaciuta. E perché mi è piaciuta. Forse perché parla indirettamente all'inconscio: ti dice che se hai un sogno, un desiderio, un talento, se ti impegni veramente ce la puoi fare.
Concetto che fa riflettere. Perché ci sentiamo spesso dei vinti, i sogni dimenticati. È questa la realtà. Mentre "La regina degli scacchi" è una storia inventata, e possiamo per empatia partecipare al volo di una giovane che ha combattuto e i suoi sogni li ha realizzati.
Oltre a questo, il successo è motivato dal quadro psicologico notevole, dall'entrare dentro un'anima tormentata, con voglia di riscatto, di successo. Ma quando Beth raggiunge la vetta  scopre di avere poco, nulla, distacco dal mondo e solitudine. E infatti viene da chiedersi qual è il vero successo.
Opera che emoziona, che tocca corde profonde, che incita a guardare avanti. Noi siamo Beth per un po', con le sue fragilità, con l'inferno che attraversa, e con la sua pacificazione finale, il ritrovare il piacere degli scacchi giocando con anonime persone. E il piacere di sentire la vita, piena di miriadi di cose, trovando finalmente un equilibrio.

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