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Natale, come il virus ci ha cambiati

Con la magia delle feste, emerge il desiderio di normalità. In un Natale tanto diverso, potremmo riscoprire l’importanza degli affetti

(Angelo Perrone) La slitta di babbo Natale, che tardava a partire, ha accelerato il passo. L’emergenza sanitaria condiziona il momento, ma è impossibile rinunciare alla magia delle luci. L’aria delle feste è emersa prepotente, da che era esitante per la malattia del mondo. «Fare shopping» è diventata la parola d’ordine dopo la riapertura delle serrande dei negozi, grazie al dpcm di fine d’anno.
Ridare fiato all’economia è importante, le festività possono essere una boccata di ossigeno per le attività commerciali alle prese con dilemmi tragici. Anche le famiglie scalpitavano. Di nuovo, dopo il grigiore delle giornate trascorse chiusi in casa, sono possibili momenti di spensieratezza. Come uscire per le strade, prendere un caffè all’aperto, scambiare quattro chiacchiere. Non importa se ancora mascherati. Comprare e spendere, un impulso liberatorio.
Le feste sono da celebrare. Mai la messa della vigilia è apparsa tanto sentita da scatenare puntigliose rivendicazioni anche da parte di chi non ha mai avuto un sentimento religioso. Il povero Gesù non si vorrà mica farlo nascere prima del tempo? Non serve ricordare che l’appuntamento della notte è convenzionale. Comunque c’è il panettone da tagliare, e non dimentichiamo l’atmosfera imperdibile delle seconde case, da tempo chiuse. Vogliamo privarcene proprio in questi giorni? Sprazzi di vita, segnali di normalità.
Le luminarie sono state montate nelle strade, le vetrine dei negozi sono di nuovo addobbate come ai vecchi tempi. Non importa se ora i soldi sono pochi, e in certe vie le file non si formano davanti a negozi all’ultima moda, ma vicino ai centri che distribuiscono pacchi ai nuovi poveri, alle prese con la disoccupazione. 
Contano pensieri e gesti per togliersi un peso, avviare un cambiamento: non avevamo annunciato che «tutto andrà meglio»? L’assalto sfrenato alle vetrine ha avuto un secondo fine, oltre l’acquisto del regalino per i propri cari. Tenere in mano quel pacchetto lucente, che è conferma visibile della ritrovata libertà.
Abbiamo sognato questi momenti già al rientro dalle vacanze estive, quando ci è sembrato che la normalità potesse proseguire. Prima di essere, di nuovo, chiusi in casa per le troppe marachelle commesse.
Ci siamo sentiti incompresi. Non avevamo fatto già tanti sacrifici? Sono riprese le immagini strazianti: gli ospedali stracolmi, la separazione dai parenti, le salme senza posto. L’evidenza ci ha fatto capire: era il costo dell’incoscienza precedente, della mancanza di preparazione. 
Tra nuovi dpcm e ordinanze locali, siamo a Natale. Una festa insolita e diversa. 
Mentre, tra scienziati e politici, è così lontana la concordia, nuovi dilemmi ci angosciano e richiedono interventi. Quale sarà la curva dei contagi a fine mese. Quanti morti ancora dovremo piangere. Quando sarà utilizzato il vaccino.
Il nostro orizzonte personale è più limitato, forse banale. Con chi trascorreremo le festività? Quanti posti a tavola? E i nonni, che ne faremo?
Contano i numeri. Il cenone tra pochi intimi è “fortemente raccomandato”. La sobrietà è la condotta  più appropriata. Festeggiamenti brevi anche per via del “coprifuoco”. E un minor numero di partecipanti. 
A ridurre il numero dei commensali ci avevano abituati i cambiamenti sociali. Il resto l’ha fatto proprio il lockdown incrinando la stabilità dei legami. Oggi, i nuclei familiari sono ridotti all’osso. 
Sulla piazza, rimangono in pochi, come possibili invitati al cenone. Sempre tanti per le regole da osservare. Inevitabile una bella sforbiciata. A chi rinunciare? Sfrondare sui numeri significherà fare i conti con le abitudini e la diplomazia. 
La composizione della tavola, quest’anno, cambia per paura del contagio, oltre che per i tanti mutamenti sociali. Il Covid costringe a riflettere sul senso della normalità. Festeggiare il Natale e l’addio al terribile 2020 potrebbe non essere un rito fine a sé stesso. Piuttosto un modo per dare valore al nostro mondo.
La festa è ricerca di ciò che rende il tempo più intenso. Il Covid potrebbe indurci a riscoprire i legami che contano. Farci ritrovare accanto alle persone più care. Talvolta di questi tempi è mancato il fiato mentre soffrivamo per la libertà negata. Abbiamo accusato la fatica sotto il peso di nuove distanze. Se talvolta si è smarrito il senso, almeno potremmo aver imparato il valore della vicinanza. 

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