lunedì 11 novembre 2019

Autunno

Le svariate suggestioni di una stagione come l'autunno: i ricordi non sono spettri possessivi, piuttosto evocano la ricchezza del passato

di Bianca Mannu

Con gli occhi ben aperti
ospita le sere quest’autunno d’annata
pastore vagheggino di nuvole giocose
per pettinarle aggraziate
sui becchi d’orizzonte.
Non minaccia pianti dalle vele corsare
spalmate sugli occhi di pervinca
ma si culla di brezze
mimando scampoli d’estate
ammansiti lungo pendici d’ombra
dove calugini di verde
si giocano la vita
tra forza di radici
e persistenza di vapori magri.
Altri del Tropico sparsi autunni
- di questo replicanti ignoti –
gemono ormai maturità
di geli e di cattivi umori.
Isolàno invece questo
si declina anomalo - l’abito stinto
dell’estate addosso - galleggia
e galleggia – apparendo smemorato
d’ogni parentela e storia …
Tra lunghe soste galleggia
sotto paciosi pleniluni
e oscuri tremolii di stelle –
quasi sicuro di restare eterno.
Intanto che ne intendo la postura
vi sdrucciolo repentini smarrimenti
inciampo su fanciullaggini obliate
riscopro certe mie beatitudini incolori
sospese tra barbe d’aria in aria
come se le ganasce del mio tempo
fossero anch’esse d’aria
ed io senza sostanza.
Eppure – no - questi non sono
viaggi di giuntura col passato
né sono spettri con cui
mi torna possessivo addosso.
Sono maturi apprendimenti
che confermo e frequento
ancora adesso: organi sensori
atti a scoprire e valicare il nulla
- quello che diviene sgretolando il tempo –
- quello che più dell’ombra aderisce al corpo –
- quello che irreversibile scorta e scorza
ogni ansa e croce del passare annienta.

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