venerdì 8 novembre 2019

Amedeo Modigliani in mostra nella sua Livorno: ritratto di un'epoca

Livorno rende onore ad Amedeo Modigliani: una grande mostra, che vuole raccontare, insieme al genio, un’epoca, un mondo artistico, e infine la Parigi magica di inizio ‘900

(ap*) Livorno ricorda e celebra il suo Modì. Con una mostra – la più attesa dell’anno, non solo in Italia – che già nel titolo, Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori delle collezioni Netter e Alexandre, indica l’ampiezza del disegno organizzativo che l’ha ispirata. Appena aperta ai Bottini dell’olio, nel suggestivo quartiere La Venezia, costruito sui canali di accesso al mare, dove ha sede il Museo della città. Un luogo simbolico, questo ex deposito di olio, proprio per essere sull’acqua, come la casa in Laguna a Venezia dove il pittore risiedette per qualche tempo, mentre studiava all’Istituto per le belle arti, prima di emigrare in Francia.
L’ambizione è quella di non essere una semplice retrospettiva a carattere monografico per quanto pregevole e ampia. Piuttosto l’occasione per ricordare il grande Amedeo Modigliani nel contesto di quella fitta rete di rapporti, ma anche influenze, nel quale si svolse la sua esperienza di pittore e scultore.
L’epoca era quella degli anni iniziali del ‘900; il suo mondo era abitato da pittori di diversa inclinazione, spesso con ispirazioni in comune; e infine la città, dove vissero e lavorarono in tanti, era Parigi, ovvero la Ville Lumière, con i suoi quartieri più famosi e frequentati da artisti, da Montmartre a Montparnasse, splendente per le sue luci ovunque, nelle strade, lungo la Senna, nei parchi o nei palazzi.
Modigliani dunque in assoluta evidenza, e poi tanti amici e colleghi che come lui vissero quel momento storico, e l’atmosfera unica di una stagione eccentrica e maledetta. Ma anche coinvolgente, ricca di stimoli intellettuali e di sollecitazioni creative.
Sono 14 i dipinti (su tutti, l’opera simbolo, Fillette en blue del 1918) e 12 i disegni in esposizione, provenienti dalle raccolte dei due collezionisti francesi che sostennero il maestro in quegli anni. E’ il tributo che la città toscana rende al suo figlio più famoso, in una mostra che si protrarrà sino al 16 febbraio del 2020, in coincidenza con l’altra ricorrenza importante che riguarda il maestro, il centenario della sua scomparsa.
La città, per carattere estroversa, tempestosa come il mare sul quale si affaccia, poco rigorosa, vuole farsi perdonare tanti anni di silenzio durante i quali la pittura di Modigliani è stata celebrata ovunque ma non qui. Un rapporto con la città burrascoso, con molte incomprensioni. L’evento di oggi sottolinea finalmente il legame che lo unisce alla città, mai smarrito nonostante il tempo.
Lo confermano soprattutto i disegni, perché proprio questi furono il primo campo nel quale l’artista si esercitò da giovanissimo nella città labronica, andando a lavorare presso Guglielmo Micheli, principale allievo di Giovanni Fattori, e rimanendo così influenzato dal movimento dei macchiaioli. Poi i viaggi in varie parti d’Italia e infine la Francia dove morì a soli trentacinque anni. Le avanguardie parigine non sarebbero state le stesse senza Modigliani e lui senza Livorno.
Un centinaio le altre opere esposte, dipinti di artisti spesso squattrinati che mossero i loro passi nella stessa stagione e che Modigliani frequentava, come Maurice Utrillo, André Derain, Chaïm Soutine, la stessa compagna Jeanne Hébuterne, e di tanti altri ancora, Suzanne Valadon, Moïsee Kisling, Maurice de Vlaminck.
Tutte insieme, le opere rasentano un valore assicurato di oltre 700 mila euro, che non è solo una stima commerciale; dà l’idea della serietà del lavoro preparatorio svolto dal curatore Marc Restellini, uno dei suoi principali studiosi. Pochi artisti come Modigliani hanno registrato una mole così estesa di contraffazioni, e ne è stata protagonista trentadue anni fa la stessa Livorno, con la burla del falso ritrovamento di sculture (alcune “teste”).
Diverse mostre, nel tempo, sono state accompagnate da polemiche sull’autenticità delle opere, creando confusione tra vero e falso, e lo stesso museo del Louvre ha avviato uno studio scientifico “Le secrets de Modigliani” sulla questione dell’autenticazione delle sue opere.
La vicinanza tra tanti artisti si sviluppa nelle sale espositive in un dialogo serrato di volti, paesaggi, nature morte, e gusti pittorici. Gli uni di fronte agli altri o accanto. In essi un elemento spicca su ogni altro: sono soprattutto i colori così accesi a imporsi, e a chiarire le distinzioni tra esperienze, atmosfere, suggestioni. La diversità delle ispirazioni.
Tonalità forti contraddistinguono, come sappiamo, i volti di Modigliani, soprattutto i notissimi ritratti femminili, ma anche quelli maschili, sempre stilizzati, con lunghissimi colli, oppure i nudi integrali, mollemente sdraiati, che scandalizzarono non poco gli ambienti conformisti di allora. Era leggendaria la rapidità con la quale Modigliani dipingeva i suoi ritratti senza poi ritornavi su.
Una modalità che determinava un risultato pittorico solo apparentemente elementare. Volti che sembrano piatti e levigati, senza spessore, inespressivi come maschere, e persino stravaganti e anatomicamente errati, con quegli occhi fortemente a mandorla, il naso storto, le bocche increspate.
Tuttavia l’accensione dei colori sui corpi e sugli sfondi determina sempre un salto, un capovolgimento di significati. I soggetti che hanno posato per lui raccontavano di aver percepito la sensazione di essere stati “spogliati nell’anima”, colti nella loro essenza più nascosta, svelati innanzi tutto a sé stessi. E’ stato davvero un pittore dell’anima. Illuminata anche dalle tante luci della Ville Lumière, che hanno influenzato l’ispirazione degli artisti che l’hanno amata.

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