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La clessidra

L’incertezza che segna il nostro tempo


di Marina Zinzani

Si costruivano una volta a scuola, si univano due bottigliette, vi si metteva la sabbia, e si vedeva scorrere quell’analogia del tempo. Era un gioco da bambini, la clessidra.
Le mani hanno una pelle sciupata, anche quella del viso e del corpo lo è. Poco sole? Poca vitamina D? Depressione in agguato per via di quello che stiamo vivendo? Una guerra silenziosa, un nemico invisibile e ignoto che si muove e ogni tanto prende qualcuno. Bisogna sopravvivere, essere forti.
La clessidra, con gli anni, non è più un gioco da bambini ma l’espressione di una realtà amara. E non è il consueto discorso del tempo che passa, la sensazione ancora più grave è l’avere perso tempo, il non averlo vissuto, l’averlo sprecato, la mente mai presente, presa da troppi pensieri, e paure, paure per eventi che magari non si verificheranno mai, o non così come temiamo.
La clessidra, quella che si immagina, mette ansia, e un senso di disarmonia interiore. Il passato è cosa struggente, si evidenzia quando si guarda una città, un paesaggio, un luogo particolare che abbiamo amato o amiamo, e quei momenti sereni sembrano lontani. Vige un senso di spaesamento, di confusione, di alterazione della nostra identità, e anche della nostra esistenza.
Privati della libertà di godersi una giornata di sole in un luogo che amiamo, sentiamo di avere perduto un anno e anche di più. Qualcun altro l’ha detto, e se si fermano, tutti lo pensano. Un anno di vita non vissuta completamente, in una specie di clausura tragica, tragica soprattutto per quello che si vede attorno, che è successo a tanti, ben peggiore dello stare in casa.
La clessidra, nel suo battere il tempo, ci ricorda che si poteva vivere meglio, che quest’ultimo anno andava vissuto in un altro modo. Ma gli anni precedenti, e precedenti ancora? Si era veramente vissuto? 
Se una cosa si può ricavare da questo, se ci può essere un senso in tutto questo, come quando interviene un evento grave, una malattia, che fa vedere tutto da un’altra prospettiva, se una cosa può insegnarci questo interminabile periodo è che il tempo non è infinito. Frase tanto usata ed abusata, quasi sempre inascoltata, perché i pensieri si moltiplicano e diventano inquinati, non permettono spesso, nella vita quotidiana, di rendere più limpidi i propri giorni.
La sabbia che scorre lungo le due bottigliette, se ne riempie una e poi si capovolge. È primavera, la vista degli alberi in fiore sia di nutrimento. Allora si vive, ovunque ci si trovi, anche fra quattro mura di casa. 
È il soffermarsi, l’allegria e la curiosità che tengono in vita, e l’allegria, parola remota sembra oggi, è l’armonia di noi stessi, l’essere presenti durante una passeggiata, assaggiando un piatto, assaporandone i sapori fino in fondo, e anche l’amicizia, le relazioni che sono di conforto, e sono preziose, rare, insostituibili, e aiutano a percorrere questo fiume minaccioso, una barca in cui caricare ciò che di buono può esserci. Per prima cosa l’armonia, l’amore per noi stessi, per poterlo donare agli altri.

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