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Quando la comunicazione è tossica

"Il bacio" di P. Klee
(Angelo Perrone) Dopo un’intossicazione occorrono rimedi. Un po’ di digiuno è salutare se si viene da un’abbuffata di carboidrati.
Così accade anche nella comunicazione (tv, giornali, social), se a lungo prevalgono affollamento e confusione. Prendere le distanze da ribalte rumorose non è solo “cura da cavallo”.
In fondo conoscenza e memoria sono cosa diversa dalle bacheche virtuali: le immagini più nitide paiono sfuocate e le parole perdono verità. Però sarebbe stravagante e snob opporre all’eccesso il suo contrario.
“Il silenzio è d’oro”, osservano i saggi. Il silenzio ha persino il “potere” di cambiare le cose, e di incidere sulla vita delle persone. Lo è, d’oro, anche la parola naturalmente, se densa e incisiva. Ugualmente efficace, magari in altro modo.
Il silenzio si muove su una china ripida, quando è assimilato al vuoto. Allora è assenza di idee, carenza di pensieri, mancanza di azione. Saper comunicare con la gente rimane essenziale, ed è secondario lo strumento. L’importante è che quell’arte raffinata non sia finalizzata all’apparenza, un semplice belletto a discapito della sostanza.
Oltre la sobrietà, serve l’aderenza tra quello che viene detto e quanto è fatto, tra l’informazione che è trasmessa alla gente e ciò che si va a realizzare in concreto, ogni giorno.

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