lunedì 23 novembre 2020

Il dio del rimpianto

di Marina Zinzani

(Angelo Perrone) Cosa rimane degli “altri dei”? La vetta del monte Olimpo era spesso coperta di neve e nuvole spesse coprivano la punta, rendendola invisibile agli umani. Il luogo ideale dove, secondo la mitologia greca, collocare la dimora degli dei.
Lì essi governavano le cose del mondo. Il loro volere era mutevole ed incostante, bizzoso e magnanime, scontroso e amorevole. Ciascuno incarnava un sentimento o un’idea, un vizio oppure una nobile speranza. Qualcosa ben conosciuto nel mondo umano sottostante, ma espresso in altro modo con un valore simbolico.
Smentito il mito “divino” dell’Olimpo, è rimasto il mondo, travagliato e altrettanto insondabile, dell’animo umano. I suoi risvolti – dismesse le vesti degli antichi “dei” - sono al centro delle pagine dell’autrice dei testi qui pubblicati.
Dopo “Il dio della verità”, “Il dio delle passioni”, “Il dio della guarigione”, "Il dio della speranza", “Il dio della nostalgia”, “Il dio dell’invidia”, “Il dio della rinuncia”, “Il dio della fortuna”, “Il dio del successo”, “Il dio della sottomissione”, ecco “Il dio del rimpianto”.

Le opportunità che si perdono per strada diventano porte mai aperte e non si saprà mai cosa c’era in quella stanza, girando la serratura.
Tormenta il dio del rimpianto quando si fa sera e tutto tace. Mancò il coraggio, non si ascoltarono i consigli  o, nel silenzio di un segreto, non si seppe decidere in fretta.
E’ lì, ogni giorno, il dio del rimpianto, seduto come un cane nell’angolo di una stanza, immobile, non abbaia, fa ricordare però, incrociando il suo sguardo, le tante vie non percorse, i volti che non abbiamo assunto.
E’ sempre inquieto il dio del rimpianto, subdolo, non concede pace, non ascolta le ragioni, non accetta i tentennamenti, né ammette debolezze.
Non sempre vive nel mondo reale, è in un mondo di confine, a metà fra la follia e la ragione, appare quando il volto diventa stanco, la realtà non è appagante, o il desiderio di un viaggio, lontani anche da se stessi, si fa impetuoso. Nostalgia e rammarico lo accompagnano, anche la crudeltà a volte.
Nella città deserta, nell’alienazione di un metrò affollato, nel ritorno a casa la sera, si ripresenta con l’immagine di un’altra vita, altre vite. Difficile sapere da che parte stava la felicità, in quale stanza c’era, 

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