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Il dio della verità

La bocca della verità - Roma
di Marina Zinzani

(Angelo Perrone) Cosa rimane oggi degli “altri dei”? La vetta del monte Olimpo, il più alto tra Tessaglia e Macedonia, era spesso coperta di neve, e sotto crescevano cupe foreste, e poi verso valle grandi distese di macchia mediterranea.
Nuvole spesse coprivano la punta, rendendola invisibile e misteriosa agli umani. Il luogo ideale dove, secondo la mitologia greca, collocare la dimora degli dei, vasto spazio con preziosi porticati e ricchi giardini.
Lì essi vivevano e soprattutto governavano le cose del mondo. Il loro volere era mutevole ed incostante, bizzoso e magnanime, scontroso e amorevole. Ciascuno di questi “dei”, maschio o femmina, incarnava un sentimento o un’idea, un vizio oppure una nobile speranza. Qualcosa ben conosciuto nel mondo umano sottostante, ma espresso in altro modo o per eccesso, un richiamo simbolico.
Diventata ora accessibile la vetta anche da chi non sia un provetto alpinista, tolta ogni aura di mistero, smentito il mito “divino” dell’Olimpo, è rimasto il mondo, travagliato e altrettanto insondabile, dell’animo umano. I suoi risvolti – sotto le apparenti vesti di antichi “dei” - sono al centro delle pagine dell’autrice dei testi che vengono qui pubblicati.
Cominciamo con “Il dio della verità”.

Ha sempre qualcosa di impalpabile il dio della verità, non ha mai una forma definita, è mutevole, a seconda della prospettiva di chi lo guarda.
Camaleontico, o come un oggetto geometrico che basta girare per vedere un colore diverso, un racconto diverso, è invocato, ricercato dai filosofi, dai poeti, ignorato da chi vive realtà prestabilite dagli altri e mai si interroga.
Si invoca nelle aule dei tribunali, appare, viene fotografato il suo volto, confermata la sua identità, ma quando sembra di averlo definito, ecco che scatta la pluralità dei suoi volti, in base ad altre leggi non scritte, impalpabili, eppure reali. Ciò che si fece e perché.  E in quel perché lui trova collocazione, esistenza. 
Si accompagna alla rivendicazione, al dolore, alla crudeltà anche, tutti suoi accompagnatori dal tratto forte, mai sfumato.
Non si riesce a catturare, essendo impalpabile come una sostanza gassosa, ha una pluralità di forme che rende vana ogni sua identificazione statica, definitiva.
Forse solo chi si eleva riesce a vedere il suo vero volto, non la miriade di volti a disposizione della massa, forse in cima a una montagna, quando l’aria si fa più rarefatta lui appare, incontro mistico, struggente, consolatorio.

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