venerdì 30 ottobre 2020

La mano che faceva sentire al sicuro

Sai una cosa papà? Rivedo sempre i tuoi occhi verdi e non smetto di amarti

di Cristina Podestà

Dopo 12 anni che manchi dalla mia vita, ti penso ancora più di frequente. È capitato, anni fa, che presa dal gorgo degli impegni e della vita che corre veloce e traditrice, potessi per qualche ora dimenticarti. Da allora a questa parte non è mai più successo.
Sai babbo, sei stato il mio punto di forza, e lo sei tuttora. Se ho qualche dubbio o qualcosa che non va, un problema serio o di salute, un pensiero che mi attanaglia la gola, mi rivolgo a te e tu, puntualmente, come sempre, in qualche modo mi aiuti. 
Sai pa’ io ti ho amato sempre moltissimo, ma forse da giovani si è un po’ stupidi, e non si riesce nemmeno a dirlo quanto si voglia bene a un genitore. Per questo alcune volte, forse, avrai pensato che io non fossi brava e riconoscente come tu meritavi. Ma era solo il mio schifoso orgoglio che mi impediva di farti capire l’amore che nutrivo e che avevo voglia di abbracciarti di più. 
Sai papà, io sono identica a te. E più passa il tempo, più mi ritrovo a fare le tue scelte, a condividere i tuoi pensieri, a ritrovarti nei miei gesti. Mi hai incatenato a te da subito. I miei primi sfumati ricordi sono di me piccolissima insieme a te. Rivedo la foto del giorno della mia Prima Comunione in cui ti stringo forte la mano, quella mano che mi ha sempre fatto sentire così al sicuro. E il ricordo, confuso nei contorni, mi lascia una sensazione di un amore talmente profondo e puro che talora l’ho ritrovato, ma solo con mia figlia. 
Sai, io ho fatto tanti errori e tu li conosci tutti, ma uno mi addolora in particolare.  Non so se sei riuscito a capire certi miei atteggiamenti che regolarmente condannavi. Ma non avresti dovuto, io cercavo solo di non essere calpestata e disapprovavo il fatto che tu invece lo avessi accettato per la tua persona. 
Sai mio adorato, non sono perfetta, ma sono buona, come te. Non ho mai trovato una sola persona che mi raccontasse qualcosa di brutto sul tuo conto, solo e sempre elogi! 
E anche io sono generosa e onesta, leale e disponibile, come te. Mi hai lasciato in eredità un cuore buono, la magnanimità, il volere il bene per gli altri, la nobiltà di animo, l’amore per tutti. 
Anche adesso che sto vivendo un momento di maggiore fragilità, rivedo i tuoi occhi buoni e stanchi, profondi come i miei quando nel letto di ospedale mi incoraggiavi a farcela. E mi  tranquillizzano quegli occhi verdi, pieni di pagliuzze dorate. 
Sai cosa c’è che voglio dirti? Che da tanto tempo ho fatto mia una delle più belle poesie di Camillo Sbarbaro e che riassume in modo completo ciò che non ti ho mai detto a voce, ma che penso, orgogliosa di te, ogni giorno da quando non ci sei più: “Padre, se anche tu non fossi il mio Padre, se anche fossi a me un estraneo, per te stesso egualmente ti amerei”. 

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