di Marina Zinzani
“La realtà si divide in cose soggette al nostro potere e cose non soggette al nostro potere”. (Epitteto)
La cedevolezza di fronte a certi eventi non è sempre segno di fallimento o di paura.
È piuttosto il prendere atto che le cose accadono, e la nostra infinita piccolezza non può fare molto.
Certo, se si parla di eventi come la malattia, la morte, tutto quello che sta sopra di noi, su cui non possiamo decidere nulla, l’accettazione è complicata. Ci sono delle situazioni che fanno apparire la vita come ingiusta, beffarda, anche assurda.
L’accettazione implica saggezza, lo sguardo verso verità insite dal momento in cui siamo nati, verità che dicono che c’è la gioia, c’è il dolore, c’è la nascita, c’è la fine. Anche se l’emotività, il sentimento, seguono strade a sé, insensibili spesso al ragionamento, e l’accettazione diventa cosa difficile.
Considerando un’angolazione del pensiero di Epitteto, vi si trova comunque un consiglio portatore di pace interiore. Ci sono cose che non si possono cambiare, e il lasciarle andare può portare anche una strana forma di serenità, alla fine. Come per un amore complicato che finisce, un lavoro stressante che termina, una parentesi che si chiude.
Si può intervenire su noi stessi, sul nostro personale percorso, sul nostro corpo, sulla nostra salute, sui nostri affetti. E sul come migliorare i rapporti con chi ci sta vicino. Si può provare a trovare un senso diverso alle nostre giornate, a governare meglio il tempo a nostra disposizione. Questo può essere mutato da noi, cercando di trovare una strada più positiva.
Il resto, le frammentazioni, le rotture, i fallimenti, andrebbero lasciati andare, verso l’acqua che scorre, verso un fiume che porta i detriti verso il mare.
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