di Laura Maria di Forti
Natale è alle porte. Tutte le città sono ormai sommerse da articoli natalizi, addobbi e strenne, alberi veri e finti da decorare, lunghe file di lucine con cui far risplendere le case.
Mi guardo attorno e cerco in ogni modo di godere della presenza di tutto l’ambaradan di palle colorate e fili dorati, vasi con stelle di Natale rosse o bianche, candele profumate di arancia e cannella e puntali dorati da mettere sull’albero.
Faccio lunghe liste della spesa per i giorni di Festa, elenchi degli invitati e dei regalini da offrire, programmo visite ai negozi più belli per cercare ispirazione per gli addobbi casalinghi, ma un senso di vaga nostalgia pervade il mio cuore.
Un tempo mi bastava pronunciare la parola Natale per eccitare la mia fantasia, e tutte le luci scintillanti, il brilluccichio delle decorazioni e l’odore dell’abete erano veicoli per entrare in un mondo fatto di magia e di meraviglia.
L’assoluta innocenza dei bambini e quel loro stupirsi, trasecolare quasi davanti ad una vetrina di giocattoli, spalancare la bocca e strabuzzare gli occhi al solo pensiero di quel vecchio Babbo Natale dalla lunga barba bianca e il vestito rosso bordato di pelliccia, sono un patrimonio che abbiamo lentamente perduto.
La magia che magnifica ogni gesto, ogni aspettativa e ogni ricordo, è sfumata lentamente fino a divenire lieve e fievole, qualcosa di impalpabile e indefinito. Forse, semplicemente, non la riconosciamo, ce l’abbiamo davanti ma la riteniamo appannaggio solo di chi non ha responsabilità, non ha impegni di lavoro o invitati da ospitare, cibi da cucinare, addobbi da preparare.
Forse, chissà, basterebbe un briciolo di riflessione, un attimo in cui fingere di ritornare bambini e, magari, anche un poco più di fede.
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