di Marina Zinzani
“Se qualcuno ti fa del male, ricorda che è lui ad avere un problema, non tu.” (Epitteto)
Se una persona trova normale ferirne un’altra, con un’azione, una frase, un atteggiamento, dovrebbe guardarsi allo specchio. Il prendersela con un’altra persona, in modo gratuito, suggerisce il torbido, l’essere vigliacchi, perfino il sottile piacere nel vedere la sofferenza altrui. Cose non sempre facili da comprendere, provare piacere nel far soffrire qualcuno. Eppure basta pensare al bullismo, questa cosa esiste. Il ridere di una persona messa in difficoltà, il condividere questo perverso divertimento, è cosa diffusa, purtroppo.
Cosa si cela dietro tanta crudeltà, quali abissi ed orrori può avere un’anima? Queste persone che provano piacere nel ferire, oppure feriscono senza pensarci troppo, cosa nascondono? Sono state talmente coccolate e viziate da pensare di potere fare tutto, dire tutto, impunemente e senza conseguenze?
Oppure sono state poco amate nell’infanzia, e quindi si sentono vittime, e vogliono colpire il primo essere debole che hanno davanti? Non hanno certo sviluppato nessun insegnamento positivo da un eventuale dolore. Vittime che cercano altre vittime. Vittime di fallimenti personali, che si accaniscono su chi ha qualcosa di più di loro, e qui entrano in ballo la gelosia, l’invidia.
È chi ferisce che ha un problema, dice Epitteto, e certamente è vero. Dare troppa importanza a questo tipo di persone le potenzia, le fa sentire qualcuno. E invece sono nulla. Se si guardano allo specchio non c’è nulla. Il cuore tace, tutto è spento, è buio, la luce è altrove, ed è quella che vogliono spegnere, ovunque la trovino.
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