sabato 4 aprile 2020

L'aria frizzante là fuori


Un altro tempo: la malattia sconvolge la vita. Gli uomini non si riconoscono tra loro. Qualcosa faticosamente si muove. Cosa ci eravamo dimenticati prima?

di Cristina Podestà

Un giorno gli uomini si ammalarono. Dopo alcuni momenti nei quali tentavano di condurre la solita vita, si accorsero che non era più possibile e si fermarono. Come si farà, cosa succederà? Facce tristi appese alle finestre, croci e bare a riempire cimiteri, pianti, strazio, dolore per questo grande male che aveva colpito l’umanità intera.
Le case tornarono a popolarsi di gente, talora sconosciuta perché prima era stata presa nel vortice della corsa lavorativa e della produzione e persone conviventi da molti anni, ma separate da impegni e interessi esterni, si guardarono in faccia e presero a rivedersi.
I figli non sapevano bene cosa facessero i padri, le mogli non ricordavano più chi fossero i mariti. In questo momento di ritrovo forzato, tutti sbandati all’inizio, litigiosi e scocciati, piano piano cominciarono a guardarsi e a riconoscersi.
I ragazzi studiavano per passare il tempo, leggevano, ascoltavano musica e parlavano in famiglia raccontando di sé. Le donne, scese dai tacchi, costrette alla sedentaria giornata, impararono a cucinare come ai tempi delle nonne: impastavano, sperimentavano piatti nuovi, curavano la casa come mai avevano fatto in precedenza, si dedicavano ai figli senza fretta e ansia.
Gli uomini, dopo lo svolgimento del loro lavoro da casa o tornati velocemente al proprio domicilio dopo il lavoro svolto fuori, senza fermarsi al bar e perdersi in vacue chiacchiere politiche, sportive o altro, sedevano a tavola assaporando la vita familiare, ascoltando i racconti dei ragazzi, condividendo con i propri cari momenti preziosi.
La natura, al di fuori, respirava. Gli animali e le piante riprendevano i propri spazi, le acque dei mari si ripulivano, l’aria era frizzante e sana. La malattia degli uomini stava restituendo agli stessi cose meravigliose e una saggezza antica, perduta nei meandri di una gara folle e assurda, dimenticata da molto tempo.
Perché tanta bellezza doveva essere riscoperta con il malanno e la morte? Era forse un segnale soprannaturale, per far ritrovare il limite ormai da troppo perduto di vista, infranto, prevaricato dall’arroganza e dall’egoismo individuale?
Qualunque ne fosse la causa, la realtà era tale. Gli esiti della collettiva costrizione umana garantivano una vera e propria rinascita del mondo, visibile e interiore. E gli uomini cominciarono a meditare e a crescere.

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