Racconto di Paolo Brondi
Al professor Pruni, ordinario di psichiatria, di età vicino
alla cinquantina ma con fisico giovanile e atletico , dopo la morte della
madre, la malinconia sempre più ombreggiò i giorni, vinto da un dolore che
tutto oscurava.
Prese a viaggiare e tenne chiuso lo studio per più di tre mesi, durante i quali andò alla ricerca dei “fiumi” della vita e del sapere, in un bisogno di recupero della serenità. I “fiumi” erano quelli che bagnavano i luoghi echeggianti la voce dei suoi autori più cari, Hegel, Schelling, Kant.
Prese a viaggiare e tenne chiuso lo studio per più di tre mesi, durante i quali andò alla ricerca dei “fiumi” della vita e del sapere, in un bisogno di recupero della serenità. I “fiumi” erano quelli che bagnavano i luoghi echeggianti la voce dei suoi autori più cari, Hegel, Schelling, Kant.
A Heidelberg, percorrendo la via dei filosofi, sulla sponda
destra del fiume, gli parve di avere accanto l’Hegel della Fenomenologia
dello spirito, e di sentirgli sussurrare le parole: «Le ferite dello
spirito si rimarginano senza lasciare traccia».
A Jena, entrò nella parrocchiale gotica di S. Michele mentre
era in corso un concerto d’organo: l’atmosfera così intensa, le note che si
innalzavano fino alle guglie e ai capitelli, e poi discendevano slargandosi
fino a invadere altari e chiostri minuti, gli fecero balenare l’immagine di un
presente falso, come di un vecchio incurvato eppure incamminato leggero verso
l’oggi.
A Kaliningrand si recò subito a visitare la tomba di Kant: si
stupì di trovare così tanti giovani. Il gioco delle guglie, dei pinnacoli, lo
scintillio delle vetrate, attiravano e allontanavano lo sguardo producendo un
turbamento strano, come presago della caducità di tutte le cose.
Al professor Pruni tornava in mente un passo di Kant: «Tutto
ciò che è perfetto, tutto ciò che ha un moto e un’origine porta con sé
l’impronta del limite imposto alla sua natura: quindi deve finire, deve morire.
La fragilità è, purtroppo, innato retaggio delle nature finite e lavora senza
posa per la loro distruzione»
Eppure, tutti quei giovani, forse studenti liceali in visita
di studio, non apparivano di certo fragili ma pieni di entusiasmo, liberi di
cantare, di suonare chitarre e flauti, e quindi piuttosto in linea con l’idea
di felicità da Kant predicata : «Felicità è l’appagamento di tutte le nostre
inclinazioni».
In coerenza con il senso dell’esistenza, il professor Pruni
stava riguadagnando la gratitudine verso le sorti della vita che, sorella della
morte, non esclude la speranza, la tensione al superamento di sofferenze e
dolori, e al cambiamento, alla riscoperta del mondo.
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