(Angelo Perrone) La prima omelia di Papa Leone XIV è un richiamo alla missione spirituale della Chiesa, un invito all'umiltà e al servizio. Chiunque detiene un ministero di autorità deve «sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato».
Il messaggio, elaborato sulla figura del capo della cristianità, rappresenta un monito per chiunque detenga un potere, grande o piccolo esso sia. È la riaffermazione di una tradizione millenaria di leadership morale che pone l'accento sulla responsabilità e sull'abnegazione, piuttosto che sul potere e sull'influenza politica.
In netto contrasto, il commento di Steve Bannon sull'elezione di Leone XIV. Il capo stratega di Trump durante la prima presidenza del 2017 ha dato una lettura politica dell'evento, definendo il nuovo Papa come una «scelta anti-Trump» e la «peggior scelta per i cattolici MAGA». Bannon ha interpretato l'elezione come un voto contro il movimento populista americano, riducendo la figura del Pontefice a un attore nello scacchiere politico globale. Questa prospettiva ignora la profondità spirituale del messaggio papale, e tradisce una visione della Chiesa come strumento di potere piuttosto che come guida morale.
La differenza tra i due approcci è radicale. Leone XIV richiama i fedeli alla missione evangelica, sottolineando l'importanza della fede in un mondo che spesso la considera irrilevante. Bannon riduce il pontificato a una battaglia ideologica, ignorando completamente il significato teologico e pastorale dell'elezione. La Chiesa non è comunità di fede ma un’istituzione da manipolare per fini politici.
Il Papa invita alla riflessione, alla testimonianza e alla santità. Bannon, invece, alimenta una narrazione, in cui il valore di un Pontefice viene misurato in base alla sua compatibilità con un'agenda politica specifica. Una differenza di tono e di sostanza: il Papa – per quelli come Bannon - è solo una tessera da incasellare nella logica di potere.