(Angelo Perrone) Il giorno della memoria, 27 gennaio, è dedicato alla più grave tragedia della storia umana, la persecuzione degli ebrei da parte del regime nazista. L’olocausto, detto anche Shoah in ebraico, è stata la deportazione ed uccisione di massa degli ebrei in tutta l’Europa conquistata dai tedeschi, tra il 1933 e il 1945.
Istituita dall’Onu solo nel 2005, la data ricorda il giorno del 1945 in cui le truppe dell’Armata rossa entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz.
In Italia è doveroso ricordare, con le tante vittime dell’Olocausto, anche quelle, appunto italiane, di un’altra vergogna, le leggi razziali di Mussolini.
Oltre alle cose, ai fatti e alle parole, due immagini rimangono stampate nella memoria, a monito e ricordo di quell’orrore.
La prima raffigura l’ingresso al campo di Auschwitz, dove i nazisti avevano scolpito una scritta vergognosa, “Arbeit macht frei” (il lavoro rende liberi), un motto ricorrente in molti lager, e dove in tanti trovarono, innocenti, la morte.
La seconda, dolce e piena di fiducia nella vita, è quella – indimenticabile – di Anna Frank, la bambina vivace, e sempre allegra nonostante la segregazione, che sognava solo di diventare adulta ed essere una scrittrice. Affidò alle pagine di un diario, le sue sensazioni, le idee che l’attraversavano in quei momenti.
Scrisse, fiduciosa ed ingenua, all’inizio del suo Diario il 12 giugno 1942: «Spero di poterti affidare tutto come non ho mai potuto farlo a nessuno e spero che mi sarai di grande supporto».
Sogni infranti, per lei e tanti altri, dalle avversità della Storia, che (incredibile) non hanno smesso di scuotere il destino dell’umanità ai tempi d’oggi.