L'attesa (1918) di Felice Casorati |
L’attesa ha molti
significati, mescola speranza e paura
di Marina Zinzani
(Commento di Angelo Perrone)
Casa
vuota, e attesa.
Attesa
di un figlio, cambiato dalla sua nuova vita, si è sposato. Io sono la madre, mi
sento improvvisamente sola, la sindrome del nido vuoto, forse.
Casa
vuota e attesa.
Attesa
che lui torni, il suo cuore torni, il suo cuore è altrove, lo sento. Sento
l’amarezza e l’inquietudine dei suoi silenzi, qui in casa.
Casa
vuota e attesa.
Attesa
di un segno, che Dio torni a parlarmi, io, con la mia tunica da prete, e il
silenzio che è calato su ogni mio giorno.
Casa
vuota e attesa.
Attesa
di riprendere il cammino, attesa di un sorriso che spazzi via tutto, più forte
di ogni altra cosa.
(ap) Le palpebre socchiuse, il viso
reclinato, le braccia conserte. La donna, dipinta da Felice Casorati ne
L’attesa (1918), è accanto alla tavola apparecchiata, in un momento di
stanchezza, di pausa. Tutto è pronto, mancano solo gli ospiti che tardano ad
arrivare. L’attesa si prolunga oltre misura, la donna avvicina persino una
delle scodelle al suo sedile accanto alla tavola.
Sullo sfondo si intravede una via di
uscita, un passaggio ad un altro luogo, mentre tutto il disegno a scacchiera
sul pavimento sembra condurre lo sguardo dell’osservatore proprio in quella
direzione di fuga. Un altrove sconosciuto, che però può alimentare la speranza
raccolta e silenziosa di questa donna.
L’attesa è comunque mistero, è fatta
di quella sospensione dello spirito in cui timore e speranza si alternano senza
soluzione di continuità. Non si smette mai di sperare, ma accade di temere il
peggio: il futuro è oscuro e anche minaccioso. Il destino di ognuno può essere
racchiuso in quegli attimi incerti e misteriosi che precedono gli eventi della
nostra vita.
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