(ap) La
discussione pubblica sul tema del
cambiamento della Costituzione, sempre più frequente e diffusa, si è spostata drasticamente dall’esame
di alcuni aspetti particolari che attengono all’assetto istituzionale dello
Stato e al suo funzionamento (dal doppio passaggio delle leggi nelle due Camere
alla natura di ciascuna di esse, al ruolo del premier) alle proposte di questi
ultimi tempi, assai più radicali,
che riguardano le modalità stesse di riforma della carta costituzionale, ovvero
il meccanismo attraverso il quale possa giungersi a introdurre delle modifiche.
Tra di esse, la più significativa è quella di
affidare ad una commissione appositamente nominata, dunque in qualche modo
esterna al parlamento, anche se voluta da esso, il compito di studiare ed
elaborare queste riforme. Un approccio dunque diverso ed opposto a quello che
ha portato all’introduzione dell’attuale carta costituzionale, incentrato,
attraverso l’elezione di una assemblea costituente, sul ruolo legislativo
esercitato direttamente dal parlamento e dai suoi componenti eletti dal popolo.
Questo contesto
innovativo investe ora, per mezzo di un disegno di legge governativo, persino il meccanismo stesso di
revisione della Costituzione, disciplinato rigidamente dall’art. 138, a garanzia
della partecipazione dei cittadini al cambiamento attraverso i suoi
rappresentanti, e del corretto ed equilibrato esercizio di quel potere
normativo attraverso la più larga condivisione di valori e al riparo da
decisioni di improvvisate maggioranze.
Le recenti proposte,
nella loro radicalità ed ampiezza di portata, rispetto a contenuti non
predeterminati e condivisi (sono indicati 69 articoli da modificare, una vera
riscrittura della Carta), non hanno mancato di suscitare dubbi e perplessità
non solo tra gli addetti ai lavori ma nella società civile, preoccupati gli uni
e l’altra che, con queste modifiche di metodo e di sistema, l’impianto più
prezioso della Carta possa esserne stravolto.
Ha avvertito tuttavia
Paolo Maddalena, vice presidente emerito della Corte Costituzionale, che “vi
sono principi costituzionali che non si possono modificare”, come spesso
ricordato non solo dagli studiosi ma dalla medesima Corte, e tra questi “lo
stesso meccanismo di revisione previsto dall’art. 138”. Perché, “per cambiare
la Costituzione, ci vuole una cosciente partecipazione dei cittadini e questa
partecipazione va tutelata”.
Appunto, anche con
procedure complesse ed articolate, “rigide” rispetto ai mutamenti contingenti,
costituendo la partecipazione di tutti un bene insopprimibile della democrazia rappresentativa moderna.
Ps. Un
appello contro il d.d.l. di riforma costituzionale, sottoscritto da numerose
personalità della società civile (da Paolo Maddalena a don Luigi Ciotti, da
Salvatore Settis a Gustavo Zagrebelsky, da Gian Carlo Caselli a Michele Busi) è
pubblicato su Il Fatto quotidiano ed è proposto alla firma di quanti condividono i principi
esposti.
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