di Marina Zinzani
Può la musica non essere solo musica, ma anche messaggio? Può aiutare il dialogo fra gli uomini, può aiutare il percorso verso un discorso comune, facendo superare i contrasti?
La musica di Bob Marley appartiene al suo tempo, un tempo di conflitti in Giamaica, ed era qualcosa di più di quello che poteva apparire: era un mezzo che poteva riunire fazioni opposte, che poteva aiutare il dialogo fra gli uomini, musica portatrice di un messaggio di pace.
A distanza di decenni, il mondo appare più povero, almeno culturalmente. La musica è musica, è business, veicola ben poco, rispetto al passato. Tutto sembra appartenere ad un altro tempo, quelli che l’hanno vissuto quel tempo hanno rilegato in un angolo della mente quegli anni e quel fermento, quando si cercava un mondo migliore.
In questo contesto, in cui tutto sembra dormiente, o rassegnato, il risentire una canzone di Bob Marley fa risvegliare un ricordo, poi un altro, è un brano di cui si ricordano subito le parole, è una musica che trascina e trasmette qualcosa. È un testo che lui ha lasciato, sembra lontano, sepolto, ma basta solo risentirne l’inizio e una forte vibrazione esplode.
Il film “Bob Marley: One love”, che ha per protagonista un ottimo e coinvolgente Kingsley Ben-Adir, ripercorre la vita di Marley, la sua infanzia povera e difficile, il tentativo di omicidio, la fuga a Londra, il successo mondiale. E ripercorre anche l’uomo con le sue contraddizioni, quel successo che può allontanarlo da ciò che è stato, in un discorso drammatico che gli fa la moglie Rita.
Le sue canzoni rimangono, riscaldano ancora i cuori, il film racconta in modo commovente la sua fine precoce a 36 anni. Il finale del film, che mostra spezzoni della vita reale di Bob Marley e dei suoi concerti, lascia un’emozione forte. Sono passati tanti anni, ma lui riesce ancora a coinvolgere, come fosse ieri.
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