di Marina Zinzani
(Commento a “Aleksei Navalny, la vita per un’idea” di Angelo Perrone, 20 febbraio 2024)
Quando ci sono tragedie come quella di Aleksey Navalny, ci si interroga su dove possa arrivare l’uomo. Ci si interroga su dove possa arrivare il male, creato, concepito, costruito con metodo, con un’intelligenza raffinata. E dove possa arrivare il bene, l’ideale, il sacrificio.
L’eroe che quasi si concede al nemico, che si presenta con le proprie armi spuntate, in realtà ha altre armi nascoste, che non sono materiali. Non sono bombe, razzi, in grado di distruggere città e villaggi. Gli eroi scelgono altre strade per combattere. A volte sono parole, a volte sono poesie, a volte sono pensieri.
È una lotta continua fra la luce e il buio, e sempre si ha la percezione che non siano i migliori a prevalere, a vincere. Gli eroi muoiono giovani. Quello che lasciano è un gesto per ricordarci di essere uomini, non solo pedine della Storia.
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