(Angelo Perrone) Il bisogno di fronteggiare il virus ha comportato lo sforzo di cercare altre strade per continuare a svolgere le attività di sempre, e permettere di sopravvivere.
Delle soluzioni adottate, alcune sono costose (umanamente ed economicamente) e vanno ripensate, altre rimangono utili oltre il contingente. Servirà distinguere.
Non avverrà il ritorno in blocco al vecchio, come l’abbiamo conosciuto e praticato per anni. Bisognerà valutare la convenienza di mantenere qualcosa di ciò che, per necessità, sperimentiamo in questa fase.
Il modello vincente potrebbe essere l’integrazione di fattori diversi, la combinazione fruttuosa tra il nuovo e il vecchio.
Già ora, nella confusione del momento, è possibile intuirne qualche anticipazione. Scovare spunti di riflessione di fronte ai cambiamenti attuali. O al modo di praticarli. Procediamo con affanno e al buio, ma non di rado ci sforziamo di guardare oltre la precarietà del presente.
Per esempio dobbiamo stare distanziati ed evitare gli assembramenti. Ma ci preoccupiamo dei costi sociali che le misure provocano. Vorremmo contrastare i meccanismi più distruttivi della pandemia, ci preoccupiamo per la qualità delle relazioni umane.
Mentre il Covid trasforma tutto, accelerando il processo di frantumazione della vita collettiva, non smettiamo di pensare al domani. Speriamo che, non troppo in là, sia possibile fare il percorso inverso.
Passare dalla fase della disgregazione sociale a quella opposta: riuscire a riavvicinare idee e pensieri, persone e sentimenti. Raccogliere la materia dispersa, riannodare i fili sciolti.
La futura normalità non potrà prescindere dall’esigenza di riallacciare i rapporti personali in ogni campo. Sarà il punto iniziale della nuova ripartenza. Poi ci vorrà il coraggio di continuare a sperimentare il nuovo.
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