di Laura Maria Di Forti
Di nuovo. Abbiamo avuto il Natale blindato, trascorso in solitari pranzi e cene, vivande come da tradizione festiva mangiate in silenzio con contorno di addobbi ipocritamente messi in scena per ingannare la nostra solitudine, e ora ci tocca vivere anche la Pasqua lontana dai nostri cari affetti e dalle squillanti risate di una giornata passata all’aria aperta, un maglione caldo e magari un berretto a proteggerci da un vento di inizio aprile, vento ancora frizzante e foriero, chissà, di nuove perturbazioni.
E invece la pandemia, che già da un anno ci alita addosso tutto il suo carico virulento di sofferenza e morte, ci obbliga a isolarci dagli altri, a rimanere in casa, a festeggiare senza amici, parenti tenuti lontani, senza volti a noi cari e voci amate. Non ci saranno gare su chi scarterà l’uovo di cioccolato o a chi andrà la fetta più golosa della colomba pasquale, quella con più zuccherini e mandorle golose.
La Pasqua, al di là del significato prettamente religioso che è la vittoria di Gesù sulla morte, è il momento in cui si festeggia anche l’arrivo della primavera, della rinascita della natura, il suo ripresentarsi nella veste tanto amata ricca di piante, di fiori, di canti di uccelli e di giornate più calde e piene di sole. A Pasqua si osano vestiti più colorati e leggeri, si programmano gite fuori porta, c’è chi decide di andare lontano, in altre città, magari all’estero.
Ma no. Quest’anno quasi tutta Italia è in zona rossa, ossia in una sorta di quarantena forzata e noi cittadini dobbiamo osservare regole di comportamento che ci obbligano a casa nella speranza di allontanare questo male invisibile e silenzioso che si insinua nei nostri fragili corpi per colpirci a tradimento, vile e mortifero virus che ci sfida da tanti, troppi mesi. Dobbiamo resistere, impavidi soldati di fronte al nemico. Dobbiamo essere forti e pazienti, soprattutto ligi e osservanti di ogni regola che ci viene dettata, altrimenti il virus si rigenera, cambia aspetto e diventa ancora più aggressivo.
E allora rimaniamo disciplinati, ubbidienti e rispettosi, certo, ma anche tanto avviliti, tristi, un poco depressi, forse persino sfiduciati. Ma no, non importa, andiamo avanti, alla fine del tunnel c’è il sole che splende, ci sono il cielo e le stelle e, soprattutto, c’è la libertà.
Quanto aspettare? Mesi, forse un anno, ma forse meno se le vaccinazioni verranno tempestivamente eseguite e se si darà un calcio a tutti quelli che non si vogliono vaccinare. Bisognerebbe imporre a questi miserabili di andare negli ospedali a vedere coi propri occhi i malati, quelli che tentano di sopravvivere con i caschi per l’ossigenazione che sembrano quelli spaziali dei vecchi film di fantascienza degli anni ’50.
Ridicoli, certo, ma hanno salvato tante vite. E pensare che c’è ancora chi dice che è tutta una montatura, il Covid non esiste e tutti i paesi del mondo si sono messi d’accordo per annientare una parte della popolazione, evidentemente troppo numerosa. Deliri di gente malata. Spero che, quando la pandemia sarà sotto controllo, qualcuno decida di sottoporre queste persone ad un serio esame psichiatrico perché abbiamo bisogno di gente sana di mente e non di farneticanti e urlanti bastian contrari che con il loro comportamento aiutano il virus a propagarsi.
Vaccinarsi ora è la parola d’ordine, anche se non è facile accettare un vaccino che molti dicono causi problemi, addirittura faccia morire. O è solo una montatura? Non lo sappiamo, d’altronde i progressi della scienza abbisognano di tempo, proprio quello che non abbiamo. Bisogna fare presto, invece, bisogna sottrarsi alla morsa della pandemia.
Ma ci sono gli interessi commerciali, le rivalità politiche, le false informazioni, i diritti sui brevetti, i deliri di gente che si crede onnisciente: sempre lo stesso ambaradan di bassezze umane anche in questa pandemia. Non se ne può più. Siamo tutti in balia di informazioni che non capiamo se siano vere o meno. Almeno in questo frangente così drammatico ci si aspetterebbe un comportamento più corretto da parte di tutti, da parte dei potenti e anche da parte nostra che, spesso, ci ritroviamo per strada con la mascherina abbassata per parlare al cellulare, come se la voce non si sentisse attraverso quel sottile pezzo di stoffa e come se il virus decidesse di non propagarsi in caso di telefonate.
Insomma, ci vorrebbe un poco più di serietà e di intelligenza. Se il virus continua a propagarsi, se noi stessi lo aiutiamo con comportamenti scriteriati e con scelte dettate solo dall’egoismo di case farmaceutiche senza etica e dalle solite rivalità politiche, allora siamo fritti o, quantomeno, siamo destinati a rimanere in questo stato di pandemia ancora per lungo tempo. Dovremmo farci tutti un esame di coscienza e pensare che dal nostro comportamento può dipendere la vita di tante persone.
Nessun commento:
Posta un commento