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lunedì 8 ottobre 2018

Buone dicerie su di noi

Bisaccia (AV) in Irpinia
Nei borghi e nelle aree interne, un drammatico spopolamento, e  la fine di molte attività economiche;  si disperde quel senso di identità che ha caratterizzato intere comunità per tanto tempo. Non è solo questione di investimenti, ma della capacità di elaborare una visione del futuro per rammendare il tessuto intero del paese, dalle città alle periferie, e migliorare la qualità del vivere sociale

Un poeta e la politica
(ap *) Una lettera al premier Giuseppe Conte. A scriverla non un politico o un economista, ma un poeta, Franco Arminio, da Bisaccia, nell’Avellinese, un uomo di cultura del profondo Sud, conosciuto per aver raccontato la vita di piccoli borghi italiani, a cominciare da quelli meridionali.
Che avrà mai un poeta da dire al presidente del Consiglio, in un momento così complicato della vita politica del paese? In una fase in cui è tanto difficile trovare la quadra tra flax tax, riforma delle pensioni, e reddito di cittadinanza; cifre economiche dalla consistenza gassosa e liti continue con l’Europa?
Certo, lo spunto apparente è una sorta di “vicinanza regionale” con Conte per le sue origini pugliesi, un dialogo a distanza tra quasi conterranei, e infatti l’idea della lettera è venuta percorrendo una strada non lontana dal paese dove abitano ancora i suoi parenti, quella che congiunge le piccole realtà di Carlantino in Puglia e Colletorto in Molise.
Ma il contenuto della missiva va oltre questa associazione di idee, sollecita una riflessione sulle campagne italiane che si spopolano, sulla perdita di identità in tanti paesi, su quanto stiamo smarrendo ogni giorno. Di più: sul senso del vivere in una comunità, ovunque si trovi. Uno sguardo a 360 gradi perché, come ha scritto Franco Arminio in una poesia, abbiamo bisogno di “gente che sa fare il pane” ma anche di quella che “ama gli alberi e sa riconoscere il vento”; in una parola: di contadini e di poeti.

Lo spopolamento di tanti borghi
Una strada poco trafficata, quasi deserta, quella provinciale percorsa dal poeta in viaggio verso il Molise, senza molti segni che indichino delle attività lavorative, niente capannoni, magazzini, poche pompe di benzina. Come tanti altri territori, che si incontrano appena usciti dagli agglomerati urbani non solo al Sud. A volte basta percorrere una manciata di chilometri, soprattutto verso le alture delle montagne, per scorgere i segni di abbandono in tante zone. Una strada, dunque, con un valore simbolico rispetto alle condizioni di molte aree del paese.
Sono luoghi di campagna e pure di mare, con una sensazione di vuoto e di sperdimento, che esprime un fascino inconfondibile per il silenzio che accompagna e circonda ambienti di inestimabile bellezza, ma che segnala anche un processo inarrestabile di spopolamento di territori una volta ricchi di iniziative o comunque di vita sociale.
Siamo indifferenti verso questi luoghi, perché l’immagine della urbanizzazione ci è più familiare, e ci sembra anche migliore portatrice di progresso, viatico privilegiato verso il futuro. Almeno prima di scoprirne tutte le incongruenze e contraddizioni.
Solo un poeta poteva rinunciare alla facile, e in sé sacrosanta, idea di sottolineare la necessità di stanziare più soldi per risollevare tante realtà. Certo servono finanziamenti, utili e indispensabili, ma c’è anche altro, ancora più importante e necessario. Da cui può derivare poi la spinta verso una politica di investimenti strutturali.

Idee per rinascere
E Franco Arminio prova a racchiudere questa idea nella sorprendente proposta di “spargere buone dicerie” sui borghi in via di spopolamento. Una idea che si potrebbe applicare ovunque, al meridione così sfiduciato ma anche a tante zone del nord, pure più solerte. Sì, perché esistono anche queste, le “dicerie buone”, non solo pregiudizi, lamentele, risentimenti, o pessima fama. E non si tratta semplicemente di “voci”, banali chiacchiere, sterili illusioni, sia pure stavolta ispirate a intendimenti positivi anziché a senso di svalutazione. Al contrario, il richiamo è diretto a suggerire atteggiamenti concreti.
Un esempio? Raccontare che terreni dalle buone qualità naturali possano ancora offrire molto all’agricoltura moderna. Con tanti sacrifici certo, ma non minori di quelli che deve affrontare un precario in cerca di lavoro come cameriere nei paesi europei. Pensare che tanti borghi potrebbero ospitare iniziative pubbliche dall’alto valore simbolico, come primo passo sulla strada di un risveglio collettivo.
Contrastare l’idea che un terremoto, con la distruzione delle case, porti necessariamente con sé la fine di una comunità. Tornare ad apprezzare la semplicità delle piccole dimensioni, cogliendo l’occasione di comprare immobili sul mercato a prezzi ridotti. Ribellarsi civilmente al paesaggio delle “porte chiuse” nelle strutture tradizionali: farmacie, uffici postali, negozi, scuole; e in cui occorrono ore per andare a comprare una medicina, pagare una bolletta, frequentare la scuola.
Il problema più urgente, in queste realtà, non sembra quello di dare sussidi ai tanti disoccupati, né quello di incoraggiare i pensionamenti con il miraggio di offrire lavoro alle nuove leve. Ci sono anche proposte di segno diverso e a costo zero, che non creano peso sul debito: le più appetibili in tempi grami, se ci fosse al riguardo un po’ di attenzione e di sensibilità. E anche le più efficaci alla lunga perché rivolte alle radici dei processi di desertificazione del paese.

Rammendare il tessuto sociale
Ci sono molte ragioni di avvilimento nella vita sociale, e i piccoli borghi le vivono in pieno prima ancora delle realtà urbane capaci di mascherare meglio tante difficoltà nel vivere quotidiano. Lì la perdita del senso di socialità si manifesta prima che altrove con la rarefazione della stessa popolazione e delle sue attività lavorative.
Non si tratta naturalmente di tornare indietro nel tempo, di rinchiudersi nella nostalgia del bel mondo antico, che poi non è mai esistito davvero, né di idealizzarlo dimenticando che era fatto di fatiche e sofferenze, ma di provare a coltivare una visione del mondo in cui l’unica soluzione del vivere non sia solo la città, senza per questo esaltare l’idillio della periferia. Provare a costruire un tessuto più articolato, fatto di mille realtà diverse, ricche di vitalità, che magari provano a darsi una mano tra loro. Perché, ovunque siamo, abbiamo bisogno delle stesse cose: il silenzio e la voce, la fragilità e la forza.


* Leggi anche La Voce di New York:
L’appello di un poeta a Giuseppe Conte: le “buone dicerie” su di noi salveranno il Sud
Qualche riflessione sulla lettera che Franco Arminio, da Bisaccia, uomo di cultura del profondo Sud, ha indirizzato al premier Conte

sabato 12 maggio 2018

Il piroscafo è nostro

Le diseguaglianze negano il diritto di tutti alla felicità. Nessuno può girarsi dall’altra parte

di Mariagrazia Passamano *

Cinque anni fa, nel 2012, le Nazioni Unite hanno individuato 6 indici fondamentali per definire il grado di felicità dei cittadini di un Paese: Pil procapite, aspettativa di vita, libertà, generosità, sostegno sociale e assenza di corruzione; dunque sarebbero questi i criteri di valutazione della nostra felicità e il World Happiness Report 2017 – pubblicato dal Sustainable Development Solutions Network– posiziona l’Italia solo al 48° posto.

giovedì 22 febbraio 2018

Ad Oriente

L’Irpinia orientale, oltre l’Appennino, verso le pianure pugliesi; un mondo a parte, raccolto tra colline silenziose e piccoli borghi antichi

di Angelo Perrone *

Distese di grano a vista d’occhio, circondate dal vento, immerse in spazi inesplorati. Non ci sono fabbriche, o grandi officine, né strade di traffico frenetico. Solo grano, uliveti o vigneti, e qualche trattore al lavoro, con il suo lento cigolio tra le zolle. Nessun rumore molesto arriva a scuotere i borghi sulle colline lontane. La maggior parte, piccolissimi e distanti tra loro, eppure simili l’uno all’altro, ciascuno specchio della vita degli altri paesi. Mancano grandi insediamenti urbani.

sabato 20 gennaio 2018

Irpinia d'Oriente

(Foto Mariagrazia Passamano)
Un mondo racchiuso in se stesso, e inesplorato: i profumi, i sapori di una terra dalle radici profonde

(ap) Distese di grano a vista d’occhio, circondate dal vento, immerse in spazi inesplorati. Non ci sono fabbriche, od officine, né strade di traffico frenetico. Solo grano e qualche trattore al lavoro, con il suo lento cigolio tra le zolle. Nessun rumore molesto arriva a scuotere i borghi sulle colline lontane. Piccolissimi e distanti tra loro, ma così simili l’uno all’altro, ciascuno specchio della vita degli altri paesi.

lunedì 29 maggio 2017

La luce di una terra

Il Sud, non solo storie di delusioni e affanni: la ribellione che nasce dall’amore per la propria terra diventa metafora di vita

di Mariagrazia Passamano *

Poi improvvisamente arriva la solitudine. Rimangono le notti insonni, il silenzio di questa terra antica ed il ricordo di tanti viaggi dal quale non sono più tornata o per i quali forse non sono mai veramente partita. Il silenzio per chi non lo conosce è destabilizzante e i monti irpini ne regalano a quantità industriale.