Il
Sud, non solo storie di delusioni e affanni: la ribellione che nasce dall’amore
per la propria terra diventa metafora di vita
di Mariagrazia Passamano
*
Poi improvvisamente arriva la solitudine. Rimangono le notti insonni,
il silenzio di questa terra antica ed il ricordo di tanti viaggi dal quale non
sono più tornata o per i quali forse non sono mai veramente partita. Il
silenzio per chi non lo conosce è destabilizzante e i monti irpini ne regalano
a quantità industriale.
Questo silenzio per chi in Irpinia ci è nato però
diventa un compagno fedele e al contempo il becchino sicuro al quale prima
o poi bisognerà abbandonarsi. Il silenzio è tormento per chi non lo
“frequenta” abitualmente e per chi non lo attraversa ed è sopraffazione
di demoni sotterranei.
È creatura pericolosa, ma se addomesticato può fare da scudo
perché consente piccoli avanzamenti dell’anima, quelli che poi faranno da
filtro tra te e il mondo. Permette di portare alla luce quelli che io definisco
i pensieri irriverenti, quelli insolenti che ti scuotono e ti elevano.
Quei pensieri spinosi che non ti danno tregua, che non ti fanno
approdare alla rassegnazione e che ti condannano a morte ma poi al momento
dell’esecuzione ti puntano una pistola scarica alla tempia. Quelli che ti
consentono di “adeguarti” al reale e
al corso degli eventi, ma mai con rassegnazione, senza senso critico o con
passività. Pensieri che non oseresti raccontare a nessuno per via del
contenuto bizzarro che li caratterizza.
Quei pensieri che ti fanno girare le spalle e andare via e gli
stessi che ti legano indissolubilmente a piccole oasi di ristoro e ad anime in
rivolta in giro per il mondo. I pensieri irriverenti non seguono la logica (di
estrazione piccolo borghese) dei titoli o dell’apparenza, anzi sbeffeggiano
tutto il preconfezionato e “l’infiocchettato”. Sono quelli che dinanzi ai
fallimenti ti permettono ancora di chiederti: “ma se ci riprovassi di nuovo?”.
Quelli sfacciati, arroganti ed irreprimibili. Quelli che quando cadi ti consentono
di rialzarti e di continuare a camminare con le ginocchia sbucciate. Quelli che
ti fanno venir voglia di correre sotto la pioggia, di baciare e annusare i cani
e di fissare per minuti interi i percorsi schizofrenici degli insetti.
Quelli che ti ricordano che sei sostanza infinita e che ti
trasformerai ma che non morirai fino a quando sarai ancora capace di pensarti e
di pensare. Quelli che ti rendono insaziabile di conoscenza e che ti spingono
ad alzarti di notte e a divorare libri interi con una voracità inaudita. Quelli
scomodi che fai perché non hai altra scelta, perché la tua mente è stata
programmata così in origine. Quei pensieri legati inscindibilmente ad un
filosofo “impertinente”, che ancora non può riposare in pace. Quei pensieri che
ti consentono di conservare la rabbia, di trattenerla, perché quella rabbia nasce
da un amore incontenibile per la vita e per una realtà che sogni diversa e
migliore.
Nascono dal rispetto della vita umana in tutte le sue forme e
sfaccettature. Dall’adorazione del diverso, degli ultimi, degli
“indifendibili”, degli offesi e dei barboni. Dalla certezza che gli ultimi non
racconteranno la storia dei vinti ma dei vincitori. Dall’amore per un paese che
per secoli ha incantato il mondo intero e che ora non può ridursi ad un lungo
lamento di anime morte. Per un sud che deve resistere perché ha ancora tutto da
donare. Per la mia Irpinia che mi dà luce e per alcune persone rivoluzionarie
che la abitano perché ogni giorno grazie ai loro pensieri “irriverenti” la
rendono migliore.
* Scrive sul blog Invent(r)arsi:
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