La
lezione di Giacomo Leopardi ha un significato anche politico, utilissimo oggi. Il potere è esercitato senza la
consapevolezza dei suoi limiti e, dopo 200 anni, Leopardi insegna ancora a saper fare i conti con la realtà: conoscerne i limiti
serve ad apprezzare la bellezza del quotidiano
(ap)
Viviamo tempi confusi e non sappiamo orientarci. Vaghiamo spesso senza meta,
tra cose brutte e incolori, incapaci di reagire. Non sembrano affatto 200 gli
anni trascorsi da quando Giacomo Leopardi scrisse L’infinito. Migliaia
di studenti a Recanati, dove il poeta nacque, e in molte piazze, aule di
scuola, sono tornate a recitare la somma poesia, e a riflettere sul suo
significato oggi.
Perché
questo incantesimo perdura sfidando il tempo? A prima vista, intorno a noi ci
sarebbero tante altre cose più importanti. Per rimanere a quegli stessi giovani
che oggi animano le piazze italiane, l’incertezza del futuro, il destino di
un’intera generazione a rischio di sopravvivenza quanto alle prospettive di
lavoro, di affermazione personale, di conquista di ragionevoli obiettivi.
Proprio
di questi tempi così affannosi, L’infinito di Leopardi ripropone
una visione paradossale della vita. Ricorda innanzi tutto l’importanza
delle cose più care. Per lui, “il colle” e “la siepe”. Noi possiamo scegliere,
se riusciamo ad affrancarci dalle delusioni. La scuola che frequentiamo come
giovani studenti. L’ufficio o la fabbrica dove svolgiamo il nostro lavoro.
Ovunque portiamo l’impegno, spesso la fatica, qualche volta la soddisfazione
per essere riusciti a realizzare i nostri obiettivi.
C’è
un “infinito” nel quotidiano che viviamo, e c’è una bellezza nascosta nella
realtà: a volte imprigionata, compressa, sempre in attesa di essere scoperta ed
apprezzata. E in procinto di mostrare il potere di cambiare la nostra vita,
forse persino il mondo. Un difficile intreccio tra il bello e la realtà, tra la
salvezza dalle angustie quotidiane e i limiti che incontriamo ogni giorno.
Ci
siamo illusi che non vi siano limiti allo strapotere dell’uomo. Per esempio
nella scienza, o nella tecnologia. Oppure – devastante - nella politica e nella
vita civile quando pensiamo di poterci affidare all’uomo della provvidenza del
momento, l’uomo forte, l’invincibile giustiziere, capace di eliminare ogni
sopraffazione, di stroncare qualsiasi malefatta, compresa magari quella che
spetterebbe a noi rimuovere.
La fortuna
politica di Matteo Salvini per esempio sta nell’identificazione con questa
figura, l’uomo della legge sempre sul limite della legge. Verso tutti,
l’Europa, i nemici reali o simbolici. In nome dei suoi principi. L’uomo che
abusa dei simboli religiosi a scopi di propaganda. L’uomo che, indossando tutte
le divise, oltrepassa il suo ruolo e fa coincidere se stesso con tutte le parti
in gioco, persino quelle a lui sottoposte, comandante e comandato nella stessa
persona.
In
un anno, le iniziative politiche del governo
gialloverde di Lega e 5Stelle (dalla sicurezza al reddito di cittadinanza, dalla
quota 100 per le pensioni alla flat tax) coltivano ugualmente l’illusione radicale
di prescindere dai vincoli esistenti (economici o di pura ragionevolezza). Nello
stesso tempo però mostrano una desolante incapacità (sotto il profilo
dell’incompetenza) nel saper affrontare concretamente i problemi. Armi spuntate
di fronte alla realtà. Un mondo illusorio, in cui ci si sente confusi.
Se
una tendenza dunque è quella di sentirci sovrumani, sprezzanti verso ogni
limite, la posizione opposta vede l’incapacità di affrontare le difficoltà, lo
smarrimento di fronte ad esse, la soggezione, piena di delusione, ai limiti
intrinseci della realtà. Da un lato la fuga in avanti, dall’altro la
disperazione dell’inettitudine. E un paese demoralizzato, impaurito, è facile
preda di populismi e totalitarismi.
La
lezione di Leopardi lancia una sfida: scoprire la menzogna che ci perseguita,
trovare una non impossibile ragione di speranza. Le “cose care” non abitano
altrove, oltre le nostre possibilità: spesso accompagnano il quotidiano, sia
individuale che sociale, e ci aiutano ad affrontare le difficoltà.
Il
limite accompagna inesorabilmente la nostra vita, lo sguardo trova sempre
davanti a sé il confine di una siepe e di un colle, ma proprio il fatto di
esserne consapevoli ci apre alla scoperta del mondo che è oltre. Dobbiamo
essere consapevoli dei nostri limiti e ad accettarli. Solo così possiamo
evitare di rimanerne prigionieri e possiamo prepararci a nuovi compiti.
Non
si crea nulla senza sforzo, dobbiamo sapere che la strada è pericolosa e
difficile e nulla ci verrà regalato. La fragilità, che è insieme inciampo e
possibilità di insuccesso, è la nostra condizione umana, non l’alibi per
rinunciare alle speranze. Proprio la sua accettazione ci apre alla scoperta di
altro, strade nuove, soluzioni ai problemi, una condizione più umana. Oltre i
limiti materiali di ogni tipo, la bellezza dell’infinito ha sempre l’ultima
parola.
* Leggi La Voce
di New York:
Dopo
200 anni la poesia di Leopardi insegna ancora a saper fare i conti con la
realtà: conoscerne i limiti serve ad apprezzare la bellezza del quotidiano
Smuovendo le mie brame ancestrali; voglio saltare quella siepe senza girami indietro per non incorrere nello stesso problema.
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