di Marina Zinzani
“Ma cosa dice Socrate? “Come uno si diletta a migliorare la sua fattoria e un altro il suo cavallo, così io mi diletto ad affinare il mio perfezionamento giorno dopo giorno.” (Epitteto)
Ci si sente ogni tanto stanchi. In un giorno di pioggia, quando domina la malinconia, o in un periodo difficile, in cui tutto sembra complicato, o facendo un bilancio non proprio positivo, si avverte quella stanchezza particolare, degli anni, ma che possono provare anche i giovani.
In un turbinio di eventi, di obblighi, di cose da fare e anche di preoccupazioni, si è perduto di vista qualcosa. Non si sa cosa, si è confusi. La quotidianità diventa girandola di giorni, ma con poche emozioni. Il perfezionamento di sé stessi, come scriveva Epitteto, cosa può rappresentare?
Forse mettere ordine, considerare le priorità, conoscere i pensieri assillanti ma non permettere di esserne dominati. Possono fare tanto, anche di negativo, i pensieri. Possono rappresentare un acquitrino, di ricordi, di riflessioni disincantate, di autocritica. Sono certamente dominanti. La stessa realtà, con un pensiero diverso, assume contorni diversi, più positivi se si vuole.
Il migliorare sé stessi è un percorso di comprensione. Nel cammino c’è stanchezza ogni tanto, c’è la fatica del vivere, la felicità sembra essere altrove. Forse non esiste la felicità, intesa come chimera, come situazione in cui tutto, affetti, salute, denaro vanno bene. Qualcuno si è sorpreso di trovare persone sorridenti, che sembrano felici, dove c’è ben poco. Almeno in apparenza.
Forse è l’interiorità a fare la differenza. È il modo di guardare le cose e il coraggio di ripartire, dopo una sosta, un periodo. Il ripartire richiede lavoro su sé stessi, un riscrivere la realtà, quella che ci appartiene, trovando fra quelle pieghe delle cose interessanti, appaganti, che danno emozioni e regalano curiosità, una bella vibrazione.
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