(Altre riflessioni in Le istituzioni diventano propaganda, Critica liberale 13.5.25)
(Angelo Perrone) «Farò propaganda per il non voto», ha detto Ignazio La Russa, che è la seconda carica dello Stato, non un qualsiasi politico di partito. Lui, sui cinque referendum abrogativi dell'8 e 9 giugno su lavoro e cittadinanza, dirà «ciò che pensa affinché la gente se ne stia a casa».
La dichiarazione solleva il tema del ruolo delle istituzioni.
Il presidente del Senato ha scelto di prendere una posizione attiva contro il voto, promuovendo l'astensione, così mettendo in discussione il principio costituzionale della neutralità delle cariche pubbliche. Ci si aspetta invece, come dalle altre figure istituzionali, che garantisca il neutrale funzionamento della vita democratica, senza favorire una parte politica né sostenere una strategia elettorale.
La propaganda per l'astensione ha conseguenze dirette sulla partecipazione elettorale, scoraggiando il dibattito pubblico e la formazione di un'opinione informata. In un contesto in cui l'affluenza alle urne è bassa, un messaggio di questo tipo contribuisce alla disaffezione nei confronti del voto.
Ma il profilo più rilevante è il conflitto che genera nella dinamica democratica. Il presidente, pur avendo una sua appartenenza politica, dovrebbe tutelare la rappresentanza di tutti i cittadini, indipendentemente dalle posizioni sul referendum. La sua dichiarazione invece è una scelta di campo, in dissonanza con i doveri istituzionali. Così non rappresenta più tutti, solo alcuni.
Questo governo, con gli atteggiamenti dei suoi elementi di spicco, a cominciare proprio dalla presidente del Consiglio e da quello del Senato, alimenta la percezione di una dannosa politicizzazione (“faziosità”) dei ruoli pubblici. È davvero lontana la cultura dell’imparzialità, e della separazione tra istituzioni e vita politica.
Nessun commento:
Posta un commento