È la cultura del merito che contrasta le diseguaglianze sociali
(Angelo Perrone) Ci si stupisce che in America siano così diffusi i corsi di scrittura, definita lì “creativa”, mentre in Italia sono tenuti in scuole private e su iniziativa di singoli scrittori. La mancanza di corsi universitari di questo tipo segnala una lacuna generalizzata a livello di apprendimento scolastico. Lo studio della lingua italiana si concentra nella decifrazione contenutistica dei classici e ha il suo focus nella lettura contemplativa dei testi.
La forma espressiva scritta è occasionale, rappresentata solo dal “tema”, strumento poco studiato e curato, spesso “rituale” obbligato per chiudere il ciclo di studi, e concentrare in esso, una volta per tutte, conoscenze numerose e capacità eterogenee. Un compito da svolgere per il professore, più che per sé stessi, per la propria crescita personale, per il futuro.
Nonostante il proliferare di manuali, studi e riflessioni, la scuola appare impermeabile al rinnovamento. E questo tratto è davvero singolare, perché mentre si denunciano le insufficienze del sistema scolastico, manca un cambio di passo, a livello politico, e dei singoli. Con eccezioni preziose, si intende. Nella Facoltà di Lettere dell’Università di Pisa è stato varato in vista del prossimo anno accademico un “Laboratorio di italiano scritto”, per consolidare le competenze di scrittura italiana in campo espositivo e argomentativo. È previsto lo studio della “coerenza nei testi” e della “differenziazione dello stile in base alle esigenze comunicative”.
La denuncia della scrittrice-insegnante Paola Mastrocola e dello studioso Luca Ricolfi (“Il danno scolastico, la scuola progressista come macchina della diseguaglianza”, La Nave di Teseo, 2021) sarebbe un allarme nostalgico se non infrangesse un mito della cultura progressista.
Alla base di tante recenti riforme, vi è l’intento lodevole di favorire le classi meno abbienti. Tuttavia proprio queste categorie sono penalizzate dalla semplificazione degli studi, dalla rimozione di ostacoli ed esami, dalla scuola scadente. In questo modo, si preclude proprio a coloro che ne hanno più urgenza la possibilità di conoscere, di impossessarsi di strumenti conoscitivi. Almeno nell’apprendimento, l’approccio democratico è controproducente, non rimuove le diseguaglianze. Toglie alla scuola il ruolo di ascensore sociale.
Il linguaggio non è solo forma, pur importante, è bellezza, cultura, umanità. La didattica della scrittura richiede uno spazio quotidiano, dedicato, non occasionale. C’è un rapporto diretto e reciproco tra apprendimento e scrittura. La lettura su cui si basa lo studio richiede un efficace confronto con la realtà e la ricerca di mezzi espressivi adeguati.
La scrittura è il mezzo da utilizzare per questa virtuosa connessione tra il pensiero individuale e la realtà circostante, quella che ciascuno può intuire e l’altra, percepita e interpretata dai grandi. Bisogna muoversi alla ricerca delle strategie espressive per cogliere la pluralità di generi e seguire la diversità di temi.
Alla fine conta, come in tutte le cose, la motivazione a fare. Può essere data dalla percezione del valore comunicativo della lingua, dalla consapevolezza della sua utilità pratica non solo formale. Si tratta davvero di una risorsa comune ad ambiti diversi, in grado di unire orizzonti. Terreno comune a tanti campi del sapere oltre a quello classico e letterario.
La padronanza espressiva è una esigenza che può essere condivisa da molti, anche da chi pratica studi classificati con l’acronimo modernista “Stem”, che raggruppa Science, Technology, Engineering e Mathematics. Il vecchio dilemma tra cultura umanistica e discipline tecniche forse ha fatto il suo tempo, appartiene ad un’epoca che ci siamo lasciati alle spalle.
Nessun commento:
Posta un commento