Foto Vanityfair.it |
L'attore Marco Paolini in un incidente ha provocato la morte di
una donna. Don Paolo Glaentzer è accusato di violenza sessuale ai danni di
una bambina di 11 anni. Diverse le loro reazioni. La forza di fermarsi a riflettere
(ap *)
La rinuncia ad un premio è cosa che di per sé fa notizia, perché accade
raramente. Come pensare di rinuncia all’ebrezza del palcoscenico, al brivido
della notorietà, a quella intrigante gratificazione del proprio io che un
qualsiasi riconoscimento, anche il più modesto, è comunque in grado di
regalarci?
Per non dire che, a parte la vanità, il percorso del premiato può
essere stato contrassegnato da tanti sacrifici, dalla fatica necessaria per
arrivare ad un certo traguardo: meritato dunque il riconoscimento, premio ad
una carriera, all’impegno profuso in tanti anni. Se di rado si rinuncia dunque
a qualcosa, specie in campi dove, oltre alla sostanza del proprio lavoro,
contano anche le relazioni e la notorietà, in qualche caso la motivazione
fornita può essere speciale.
Nulla sarà più come prima
L’attore
Marco
Paolini che il 17 luglio sull’autostrada per Verona è rimasto coinvolto in
un brutto incidente stradale (ha tamponato un’auto con due donne e una di esse
è morta due giorni dopo) ha deciso di non ritirare un premio alla sua carriera
di drammaturgo. “Sono crollato, nulla è più come prima”, ha scritto in una lettera
per spiegarne il motivo. La morte di quella donna, da lui provocata, gli ha
lasciato un segno indelebile.
Proprio
l’immagine delle Alpi, da lui tanto amate, in quella provincia di Belluno dove sarebbe
dovuta avvenire la premiazione, gli aveva chiarito il senso del suo dramma dopo
quel tragico evento, e il modo in cui si sentiva dentro. Le Alpi sembrano
eterne, ma poi viene giù un pezzo, e nulla appunto è più come prima. E’ quello
che accade anche a noi stessi, dopo una tragedia. Una rottura tra il prima e il
dopo, un cambiamento totale nei legami con il mondo e con se stessi: è ciò che
ora l’attore sta vivendo, lui indagato per omicidio stradale.
Cosa
fare? Meglio, anzi assolutamente inevitabile e doveroso, “un profilo basso,
rispettoso delle parti lese, della giustizia, del suo stesso lavoro; meglio
dunque tacere”. La cerimonia in questo momento risulterebbe stonata e fuori
luogo.
Ecco, “tacere”, attraverso la rinuncia a un evento pubblico, a
proseguire la propria vita come se nulla fosse successo, è qualità tanto rara
in chi, a torto o ragione non importa, abbia la ventura di incontrare il dolore
degli altri. Sentire che ogni cosa non è più come prima, e non è (solo) una
questione di responsabilità penali. Perché qualcosa ci lega profondamente al
mondo in cui viviamo e alle persone che ci stanno attorno, e ciò che accade
loro ci riguarda.
Foto La Nazione |
Uno scambio di affetto
Nulla
di paragonabile con la reazione di don
Paolo Glaentzer, il parroco di Calenzano in Toscana, che lunedì 23 luglio è
stato sorpreso in auto con una bambina di 11 anni, la quale aveva i vestiti
sollevati. Dopo aver corso il rischio di un linciaggio da parte dei passanti, ha
confessato quello che non poteva essere negato, riconoscendo che la stessa cosa
era già successa “poche altre volte”.
Parlando con un giornalista dopo essere
stato messo agli arresti domiciliari con l’accusa di pedofilia, è sembrato
muoversi, lui teoricamente in confidenza con la profondità dell’animo umano,
davvero in un altro pianeta.
“Uno
scambio di affetto”, la frase con la quale, del tutto inconsapevole della
gravità di quanto commesso, ha sintetizzato il senso di questo atto di violenza
(ripetuta nel tempo) verso un minore. E poi l’inopportuna chiamata in causa
dell’Aldilà, sia per indicare il colpevole della condotta (“è stata tutta colpa
del demonio”) sia per spiegare la sorprendente tranquillità manifestata dopo i
fatti (“mi affido e Gesù e Maria; appoggiarsi a nostro Signore ti dà una
fiducia e una forza inspiegabile”). Nessuna parola di pentimento, né di pietà
per quella bambina.
Già,
proprio inspiegabile questa offesa alla sacralità della vita da parte di chi
dovrebbe esserne il primo zelante custode, e incomprensibile la fuga all’esterno
della propria coscienza nello spazio indistinto dove si smarrisce il senso
delle responsabilità individuali.
La capacità di fermarsi a pensare al dolore
degli altri
Dietro
ciascuna violazione delle leggi a salvaguardia della vita umana, non c’è solo
un “crimine“ di vario spessore e di diversa intensità, ma un trauma terribile
che coinvolge tanto la vittima quanto il suo autore. Un abisso dalle profondità
misteriose, perché mai come in questo caso il dolore dell’altro penetra nella
nostra coscienza sconvolgendola radicalmente.
Il trauma che ne deriva, come
quello provocato da una malattia grave, un lutto, altri eventi drammatici,
costringe ad affrontare una prova dalla quale è impossibile uscire senza un
percorso di ripensamento. In discussione è propria la nostra capacità di
saperci “fermare“, per riflettere, ascoltare il dolore degli altri, porci le
domande che possono cambiare l’esistenza.
* Su La Voce di New York:
Dall’omicidio stradale alla pedofilia: come reagiamo al crimine commesso?
Pensieri sulle storie di Marco Paolini, attore che in un incidente ha causato la morte di una donna, e di don Paolo Glaentzer, sorpreso in auto con una bambina
* Su La Voce di New York:
Dall’omicidio stradale alla pedofilia: come reagiamo al crimine commesso?
Pensieri sulle storie di Marco Paolini, attore che in un incidente ha causato la morte di una donna, e di don Paolo Glaentzer, sorpreso in auto con una bambina
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