L’avventura di una vita, diventata leggenda
di
Marina Zinzani
Una
chiesa, un matrimonio. Un uomo aspetta fuori, cammina nervosamente. Ad un certo punto gli sposi escono, sorridono,
si baciano. E’ felicità per tutti. Non per lui, che si allontana in
motocicletta, quando li vede. E’ fuori di sé, esce due volte di strada.
La
scena porta lontano, altri anni, altre storie d’amore, una madre che non
accetta l’uomo che ama sua figlia, che impedisce un’unione che potrebbe essere
felice. Così la figlia poco dopo sposa un altro, gradito alla famiglia. Ma non
sarà un matrimonio felice. Neanche il secondo matrimonio lo sarà. E si
addormenta per sempre a 39 anni, con una dose eccessiva di barbiturici.
Non è una tragedia greca, è la storia di James
Dean ed Anna Maria Pierangeli, era lui che girava davanti alla chiesa, mentre
lei si stava sposando con Vic Damone. La madre aveva vinto, non lo voleva. Ma a
perdere, quel giorno, furono tutti.
Poco
tempo dopo lui si schianta con la sua Porsche contro un’altra auto, non c’è
nulla da fare. Ha solo 24 anni. Lei conosce la depressione, il declino della
sua carriera, si avventura in un altro matrimonio sbagliato e alla fine scrive
un biglietto in cui dice che ha avuto un solo e unico amore: James Dean.
James
se n’è andato una sera, il 30 settembre del 1955, poco prima era stato multato
per eccesso di velocità. Forse il destino sarebbe stato diverso, se lei non
avesse sposato un altro… chissà…
Certamente
lui appariva per i benpensanti il
ragazzo insofferente alle regole, raccontava la rottura dei giovani con i loro
padri, i jeans e il giubbotto nero esprimevano qualcosa, una ribellione, un
essere controcorrente. Nel primo film che lo vede protagonista, “La valle
dell’Eden” di Elia Kazan, appare come una
luce che abbaglia, il suo carisma domina lo schermo. Ha frequentato l’Actor’s
Studio di Strasberg, ammira Marlon Brando, la sua recitazione, per quanto
imperfetta, colpisce. E’ un momento di rottura, è una generazione che sta
dirompendo, in una sorta di rivoluzione silenziosa verso qualcosa di non
precisato. C’è rabbia, fermento, voglia di vita vera senza regole imposte,
autenticità e il cinema diventa racconto del disagio, delle paure, della
realtà. I giovani si identificano con lui.
Sua
madre era morta quando aveva nove anni, e il padre, con cui non ebbe mai un
gran rapporto, lo mandò da una coppia di zii, che lo allevarono fino a quando
il padre, anni dopo, lo riprese con sé. Il carattere cupo, schivo, non facile,
di James si era formato, il dolore per la morte della madre era sedimentato e
aveva trovato alla fine il suo sbocco: la recitazione, non il futuro da
avvocato che richiedeva il padre.
Breve,
la sua carriera, solo tre film da protagonista: dopo “La valle dell’Eden” ci fu
“Gioventù bruciata” e “Il gigante”. La morte a soli 24 anni l’ha collocato
nella leggenda, tutto rimane intatto, il viso non invecchia, il talento si
conferma enorme come la presenza che rapisce l’attenzione quando lo si rivede
sul grande schermo, è caro agli dei, è morto giovane.
Per
questo, per questa morte così precoce e crudele, non vedendolo invecchiare, né cadere in disgrazia, non provando delusione
per film meno riusciti, non vedendolo diventare un pensionato irriconoscibile
che fa dire “peccato, guarda come si è ridotto, era talmente bello…”, per tutto
questo James Dean è entrato nella leggenda. Si è collocato là, in un luogo
sacro, quasi un altare degli dei, dei del cinema in questo caso. La sua morte è
stata il lutto di una generazione, che aveva trovato in lui un’identificazione
profonda. Ha espresso, un po’ come Marlon Brando, il disagio di una gioventù
che non si riconosceva più nella morale e nei valori dei padri, una rottura con
un baratro però che si apriva, perché non c’erano forse nuovi valori, ideali
davanti, c’era solo rabbia, e voglia di libertà, di una società diversa.
Le
donne lo piansero, e non solo loro. Le scene di isterismo ricordarono quelle
per la morte di Rodolfo Valentino. Apparve vittima di un destino crudele, un
dio che cade rovinosamente dall’Olimpo, in fondo un ragazzo che aveva perduto
così presto la madre ed aveva cercato nella recitazione una via d’uscita alla
sua vita inquieta, con una sessualità che si sussurra complessa, e con un amore
che solo per un periodo breve gli aveva fatto conoscere momenti di felicità.
Ce
lo immaginiamo quel giorno, davanti alla chiesa, che aspetta non si sa cosa.
Non poteva ripensarci lei, Anna Maria Pierangeli è dentro che sta pronunciando
un sì, forse poco convinto. O forse crede che sia meglio così. L’uomo che sta
sposando ha tutte le carte in regola per farla felice, piace molto anche alla
famiglia. Ma l’amore ha altre regole, e non sempre conta il ragionamento.
Ce
li immaginiamo da qualche parte, ora. Insieme. O forse no, è tutto più crudele,
e la gioventù bruciata ha preso poco a poco tutti i sogni. Ed anche i suoi attori.
Natalie Wood morì annegata, in circostanze mai chiarite, Sal Mineo morì
accoltellato. “Gioventù bruciata” era appena finito, quando James si schianta
con la Porsche. Con gli anni si parla di maledizione del film.
Ma
nella tempesta tutto è rimasto come allora, il suo volto sullo schermo è ancora
lì, rabbia, morte, bellezza.
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