Passa ai contenuti principali

Asia Argento: tante sfumature di grigio

(Foto CronacaSocial.com)
Asia Argento, accusatrice del produttore Weinstein, avrebbe trovato un accordo con un giovane attore americano per non essere trascinata in tribunale. Una vittima di violenza sessuale che è stata, a sua volta, carnefice per fatti analoghi. Una scoperta inquietante. 

(ap *) Asia Argento, accusatrice intransigente di Harvey Weinstein, e volto di spicco del movimento #Meetoo contro la violenza sulle donne, ancora una volta ha sorpreso tutti. Zitta zitta, dopo aver nuotato nelle acque infide delle polemiche scaturite dalla sua denuncia d’essere stata molestata sessualmente dal produttore di Hollywood, e aver fatto slalom tra le accuse di strumentalizzazione, alla fine ha deciso per se stessa.
Sei mesi dopo essere diventata, nell’ottobre scorso, paladina della libertà sessuale delle donne con quella denuncia, avrebbe firmato, a dire del New York Times che cita documenti ricevuti riservatamente, un accordo per 380.000 dollari per evitare che un giovane attore, Jimmy Bennett, la portasse in tribunale con l’accusa proprio di violenza sessuale.
Una storia accaduta cinque anni fa durante le riprese di un film con entrambi, in una stanza d’albergo di Marina del Rey, quando l’attore aveva solo 17 anni (in California sotto l’età del consenso) e lei, l’attrice e regista italiana, 37: sesso orale e poi rapporto completo. Una vampata irresistibile di desiderio.
Nessuno avrebbe potuto immaginare un retroscena simile: che la paladina dei diritti delle donne, l’audace e coraggiosa attrice capace di raccontare a distanza di tempo le molestie subìte rompendo il muro del silenzio e l’omertà dell’ambiente, fosse a sua volta coinvolta in una storia simile, ma a ruoli invertiti. Lei la carnefice, altri la vittima. E inoltre, non solo nei confronti di un uomo, ma di un giovane minorenne.
Un ribaltamento della logica tradizionale dei rapporti di potere, con l’uomo nelle parti del prepotente e la donna in quelle della vittima predestinata a soccombere. Al contrario qui è proprio la donna a diventare predatrice e a plagiare il belloccio di turno in attesa di una parte nel film della famosa attrice italiana.
Facile allora ammiccare di fronte a questa sfacciata incongruenza e denunciare la sottostante ipocrisia. Guarda chi ha il coraggio di denunciare un abuso sessuale? Proprio lei che aveva da nascondere uno scheletro nell’armadio?
Un problema di coerenza forse; verrebbe da dire: di credibilità soggettiva. Così Matteo Salvini non ha perso l’occasione di intervenire – nonostante i ben più gravi problemi del ponte di Genova e tanto altro – per confondere il piano delle critiche politiche formulate a suo tempo dall’attrice contro di lui con quello della serietà personale: «Questa la “signora” che mi insultava ogni due minuti?». Come se le implicazioni nella vicenda Bennett togliessero alla Argento il diritto di esprimere critiche all’azione del governo.
Sarebbe fuorviante a questo punto limitare la riflessione al profilo della attendibilità individuale, sui fatti subìti, rispetto ai propri trascorsi imbarazzanti, che racconterebbero una personalità propensa a quella violenza psicologica o fisica di cui poi ci si lamenta d’essere rimasta vittima.
Oppure constatare le ricadute negative che un simile episodio – se confermato e veritiero – possa avere in generale sul movimento delle donne che denunciano, nel lavoro, in famiglia, nei rapporti occasionali, molestie o soprusi. Come, in Italia e in America, molte si sono preoccupate di fare.
O infine trarre conclusioni superficiali che potrebbero suonare così: non ci sono vittime, anche quelle che denunciano di esserlo a loro volta hanno macchie indelebili nascoste. Ugualmente non ci sono nemmeno orchi, anche costoro qualche volta sono stati vittime di qualcosa. Un facile moralismo d’accatto.
In realtà, le accuse di Jimmy Bennett (al quale, secondo i suoi avvocati, il fatto che la Argento si sia presentata come vittima «ha fatto tornare a galla le memorie e le emozioni dell’aggressione subita») non escludono che l’attrice italiana sia stata a sua volta vittima di Weinstein, né rendono meno seri i problemi sollevati dalle donne nelle loro relazioni con gli uomini.
Eppure, con la scoperta di un passato imbarazzante per una donna che molto si è esposta pubblicamente sul tema dei diritti, emerge comunque un profilo che inquieta. Se, dopo le notizie del NYT, guardiamo al fragore che ha accompagnato il caso Argento-Weinstein per tanto tempo, qualcosa stona irrimediabilmente.
E’ lo stile che troppo spesso, sui media, accompagna il racconto delle cose più private. Quell’enfasi, forse sfacciata ed inopportuna, con cui fatti personalissimi sono narrati al grande pubblico, persino dal diretto interessato. Anche quando rappresentano solo un lato del proprio comportamento pubblico, sono in contrasto con altri gesti, e dunque sarebbe consigliabile maggiore discrezione.
Una ostentazione, come quella che per esempio ha indotto la Argento, al recente festival di Cannes, a sfilare sul red carpet con il pugno chiuso.
Un simbolo di altri tempi e di altre battaglie che comunque, nella sua esteriorità rivendicativa, non può trasformare una legittima battaglia per i diritti civili in una contrapposizione tra il campo della purezza e quello delle nefandezze. Anche perché ciascuno dovrebbe fare i conti con la complessità e talvolta contraddittorietà della propria vita. Persino nel modo di raccontare le nostre ragioni, non dovremmo dimenticare che non vi sono soltanto il nero ed il bianco, e che tante sono le sfumature di grigio.

Commenti

Post popolari in questo blog

Il braccio della morte e l'amore tossico: storie parallele di redenzione

(Introduzione a Daniela Barone). La pena capitale interroga la morale di ogni società, ponendo domande cruciali sulla sacralità della vita e sul valore della riabilitazione. Ma cosa succede quando il "braccio della morte" si manifesta anche fuori dalle sbarre, negli affetti tossici e nel controllo psicologico? Questa è la storia intensa dell'epistolario tra Daniela Barone e Richie Rossi, un carcerato americano in attesa della sentenza capitale, che intreccia la riflessione sulla pena di morte con una personale battaglia per la libertà. Un racconto toccante sulla dignità, la speranza e la redenzione. Segue:  a.p.  COMMENTO. 1. Rifiuto etico e sacralità della vita (Daniela Barone - TESTIMONIANZA) ▪️ Non so se fu il film “ Dead Man Walking ” o il libro “ La mia vita nel braccio della morte ” di Richie Rossi a farmi riflettere sul tema della pena capitale; tendo a pensare che le vicende del carcerato americano abbiano determinato il mio rifiuto di una pratica che ritengo crud...

📱 Dipendenza da notifiche e paura di restare fuori: perdersi qualcosa è una gioia

(Introduzione ad a.p.). L’iperconnessione asseconda il bisogno di controllo sulle cose e alimenta l’illusione che tutto, sentimenti e informazioni utili, sia davvero a portata di mano. Ma genera ansia e dipendenza. Questo ciclo vizioso è alimentato dalla chimica del nostro stesso cervello. Perché non pensare ad una "disconnessione felice" scoprendo il gusto di una maggiore libertà e della gioia di perdersi qualcosa?

⛵ In balia delle onde, trovare rotta ed equilibrio nel mare della vita

(a.p. – Introduzione a Cristina Podestà) ▪️ La vita è uno “stare in barca”, dipende da noi trovare la rotta e l’equilibrio. E un po’ di serenità: come quando galleggiavamo in un’altra acqua. Nel ventre materno (Cristina Podestà - TESTO) ▪️La metafora del mare e della barca è piuttosto diffusa nella letteratura, a cominciare da Dante in tutte e tre le cantiche e relativamente a variegate sfumature dell'essere: Caronte, l'angelo nocchiero, il secondo canto del Paradiso; non sono che esempi di una molteplice trattazione del tema del mare e della navigazione. Joseph Conrad dice una frase molto suggestiva, che riprende proprio la similitudine della vita: "La nave dormiva, il mare si stendeva lontano, immenso e caliginoso, come l'immagine della vita, con la superficie scintillante e le profondità senza luce". Spesso è proprio cosi: la superficie è bella, solare, scintillante appunto ma, se si va sotto e si guarda bene, c'è il buio più profondo! La barca di Dante...

⏳ Natale e la tirannia del presente: riscoprire l’attesa

(Introduzione ad a.p.). Abbiamo perso il senso del tempo, limitato al presente precario e fugace: occorre riscoprire il valore dell’attesa e della speranza, che hanno un significato religioso ma anche profondamente laico. L’iperconnessione e la continua ricerca di stimoli ci hanno reso schiavi di una visione frammentata, incapace di guardare oltre l'orizzonte immediato. Il Natale, con la sua simbologia, ci offre un antidoto a questa tirannia. • La corruzione del tempo (a.p.) ▪️ Quanti di noi, ogni momento, sono intenti a guardare il proprio cellulare? Immersi nella connessione perenne, con tutti e tutto, e dunque con niente? C’è l’ingordigia di cogliere qualsiasi aspetto della vita corrente, nell’illusione di viverla più intensamente che in ogni altro modo. Un’abbuffata di notizie, video, contatti con chiunque, senza sensi di colpa per questo sperdimento continuo del nostro esistere. Questo è il sintomo di una società dominata dalla "paura di restare fuori" e dalla ricerc...

🎵 Baby Gang e responsabilità: quando sceglievamo l’ultimo LP di Battiato

(Introduzione a Maria Cristina Capitoni). Di fronte agli episodi di cronaca che vedono protagonisti i giovani e le cosiddette "baby gang", la tendenza comune è cercare colpevoli esterni: la scuola, la famiglia, la noia. Ma è davvero solo una questione di mancati insegnamenti? In questo commento, l'autrice ci riporta alla realtà cruda degli anni '80, dimostrando che anche in contesti difficili, tra degrado e tentazioni, esiste sempre uno spazio sacro e inviolabile: quello della scelta individuale. Le inclinazioni dei giovani: gli insegnanti e le scelte dei ragazzi (Maria Cristina Capitoni) ▪️ La criminalità tra i giovani? Ovvero baby gang? Non è solo un problema di insegnamenti. Non c'è bisogno che un professore ti insegni che dar fuoco ad un barbone, massacrare di botte un tuo coetaneo non è cosa buona e giusta. Spesso poi questi "ragazzi" provengono da situazioni agiate, tanto che dichiarano di aver agito per noia. La mia giovinezza, erano gli anni ‘8...