(ap) Si
avvicina in fretta la data del 13 settembre ’13 nella quale è
prevista, salvo novità dell’ultima ora, l’entrata in vigore della riforma della
geografia giudiziaria, con l’accorpamento, intorno alle sedi più importanti, di
tutte le realtà giudiziarie periferiche e persino di alcune centrali.
Nei
mesi scorsi, Pagine Letterarie aveva
pubblicato la nota Lavorando in una
sezione distaccata di Tribunale, dedicata alla giustizia amministrata nelle
piccole sedi; esempio, ci sembrava, –
forse non unico né più rilevante, ma significativo ed incoraggiante - di buona
funzionalità, di decoro civile, di rapporti umani ispirati alla dedizione al
lavoro e all’interesse generale. Forse, ancora una risorsa da non disperdere e
da non sacrificare in un contesto di iniziative poco attente ai valori di
efficienza e buon andamento della cosa pubblica.
Per
questo, nel parlare della giustizia decentrata, il “particolarismo locale”,
fattore negativo assai presente nella storia italiana e causa di irragionevoli
resistenze alle più naturali riforme, è forse oggi, sommessamente, la meno
appropriata e pertinente tra tutte le possibili chiavi di lettura della
riflessione critica su questa riforma.
Le
vicende personali e persino quelle delle piccole realtà sociali e istituzionali
avrebbero tuttavia un modesto significato nella realtà di oggi, se non
prefigurassero, per usare le parole scritte da Giovanni Amendola nel 1910 su La Voce, “l’Italia che ci piace”,
fondata su quell’ “ideale della vita pubblica e privata”, che parte dal
disincanto verso quanto non corrisponde alle nostre utopie e ai nostri sogni e
permette però di vedere la nazione non come “un mito che tramonta” ma come “una
speranza che sorge”.
Per la
cronaca, da quando fu pubblicata la nota sulle sezioni distaccate, non è
cambiato molto in questa periferia del Paese, anzi no, qualcosa è cambiato.
Francesco
(come era stato soprannominato uno dei funzionari di cancelleria) è andato in
pensione ed anche lui non è stato sostituito, però, ora che fa il nonno a tempo
pieno, l’abbiamo visto tornare lo stesso alcune volte in ufficio a dare qualche
consiglio a chi è rimasto. Le signore delle pulizie hanno messo in imbarazzo il
giudice dopo la lettura di quella nota confidandogli che, fino ad allora,
nessuno aveva ricordato il loro lavoro né lo aveva apprezzato.
Per il
resto, l’idea della soppressione non ha molto modificato i ritmi di lavoro, si
continua a tenere udienza sino a tarda ora, e la cancelleria cerca di reggere il
ritmo pur a ranghi ancora più ridotti. Però il passo di alcuni giudici è
diventato frettoloso. E il caffè della mattina ha assunto un sapore più amaro.
Forse perché, nella macchinetta in mezzo al corridoio centrale, scarseggia anche
lo zucchero.
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