Racconto di Valeria
Giovannini
Ho vissuto in una famiglia
infelice che, come tale, non somigliava ad alcun'altra. Infelice per difetto.
Per l'assenza di calore. E di colore. Ospiti costanti erano l'ansia e la
tensione. Mi sembrava che ogni altra famiglia fosse felice.
Dalla finestra
della mia stanza di ragazzina vedevo un muro imponente, oltre il quale si
spalancava un giardino immenso, circondato da una lunga fila di abeti. La gioia
era oltre quel muro. Lì respiravo l'intenso profumo dei cachi. La presenza
leggera di mia nonna. Il giardino era su due livelli: un’enorme distesa d'erba,
in basso. E sopra, un giardino d'altri tempi, con la ghiaia sottile e una
fontana di porfido rosa.
Osservavo per ore le formiche rosse, intente nelle
loro operose attività. Guardavo il cielo, e le nuvole rapide che cambiavano
forma, e le fronde degli alberi che danzavano nel vento. Gli alberi erano
innumerevoli, di ogni forma e colore. Soprattutto, naturalmente, in autunno,
quando la natura dipinge i colori più caldi e variegati. Ho sempre amato gli
alberi di caco. Le considero opere d'arte incomparabili. Le foglie ovali color
verde scuro. I frutti, splendidi. Un albero di cachi riempie, con la sua
potenza espressiva, un campo intero. E poi, il profumo. Unico, immenso.
In quel giardino, immersa nella
natura, ero parte del creato. La mia anima, costantemente in tumulto, si
placava.
In quel giardino, un giorno,
vidi la pubblicità su un giornaletto. Era la pubblicità della famiglia felice,
un gruppo di bambolotti sorridenti, in vendita nei negozi di giocattoli di
allora. Quanto l'avrei voluta, una mia famiglia felice! Una famiglia, in cui
semplicemente essere. Esistere, libera di stare, di sentirmi a casa.
In quel giardino, avevo trovato
uno squarcio d'azzurro. E poi, il suono delle campane. La domenica mattina, mi
emozionava il loro concerto potente da ogni angolo della città sottostante. Un
respiro profondo, per non far scivolare il mio cuore tra le labbra.
Un giorno, mia nonna se ne
andò. E con lei, la sua casa e quel giardino. E il profumo dei cachi.
Con il tempo, divenne una casa
abbandonata. E io sognavo di abitare di nuovo quel giardino. Mi figuravo di
passare lì le mie giornate. La ricreavo nei disegni, fotografie dei miei
ricordi e proiezioni dei miei sogni. E poi, il giardino. Immenso, curato,
odoroso. Inebriante, arcobaleno di emozioni per tutti i cinque sensi. Una
foresta verde oltre la quale non si vedeva nulla, se non il cielo. E il sole. E
la luna. E le stelle.
Con il tempo, ho cambiato pelle
e casa. Sotto la pelle, sono cambiata io. Ho ritrovato la mia famiglia
imperfetta. Il calore che mi era mancato. E i colori che sognavo. Ho ritrovato
la mia famiglia, un po' meno infelice. Un po' più consapevole.
Dopo vent'anni, ho rivisto il
mio antico giardino. Il tempo ha abbassato l'altezza di quel muro che lo
separava. Numerose piante sono state abbattute. La mia foresta è diventata una
radura. Sono spuntate nuove abitazioni tutt'attorno, tanti nuovi occhi che
hanno portato via la speciale intimità che ricordavo. Tutto è cambiato. Solo i
rintocchi delle campane sono rimasti uguali. Nell'udirli, la malinconia mi ha
sopraffatta. Ho socchiuso piano gli occhi e, per inesplicabile magia, ero di
nuovo in quel giardino. E ho ritrovato i miei sogni di allora. E l'anima
gentile e delicata di mia nonna.
Struggente, angosciante!
RispondiElimina