mercoledì 7 gennaio 2015

Giallo ad Assisi


Commento di Laura Bonfigli

Protagonista del racconto di Paolo Brondi Lo strano caso di Franz Kripte (Pagine letterarie 27/12/14) è Barbara de Witte, una giovane donna che sente l'insopprimibile esigenza di vendicarsi di Franz Kripte, il feroce criminale nazista che l'ha crudelmente seviziata a soli quattro anni durante la dittatura di Pinochet in Cile dove, all'epoca, viveva insieme al padre, fiero oppositore del regime del dittatore.
La giovane donna, profondamente turbata, si rivolge ad un famoso criminologo, il dottor Valli, perché sa che Franz Kripte ex ufficiale delle SS, al momento, è in Italia.
Il dottor Valli riuscirà a scoprire che effettivamente Kripte è ospitato in un convento di francescani ad Assisi. La sorpresa è ancora più grande quando, al posto del criminale nazista, si trova dinanzi un giovane sensibile, dedito allo studio della medicina, scienza che vuol mettere al servizio del prossimo. Sebbene abbia ereditato dal padre un passato così duro e pesante, paradossalmente è proprio "nel nome del padre" tanto diverso dall'uomo pubblico, feroce e spietato, che ha costruito il suo percorso umano e culturale.
La protagonista, informata degli eventi imprevisti, non può che essere profondamente delusa: ovviamente avrebbe voluto un altro esito, ma la vendetta che lei cerca, come le spiega il dottor Valli, si fonda "sullo strapotere dei sentimenti, sulla memoria, sul desiderio di restituire l'offesa e si riferisce al passato". Al contrario la legge e la pena si distinguono dalla vendetta, perché "la legge prescinde dai desideri, argina il risentimento ed è essenzialmente rivolta al futuro".
In effetti, come il mito ci insegna, chi cede alla vendetta, o come Achille che, per vendicare la morte di Patroclo, in preda al furore (Xòlos), fa strage di schiavi prigionieri, o come Oreste che, per vendicare l'uccisione del padre Agamennone per mano della madre Clitennestra e del suo amante Egisto, si macchia di matricidio o ancora come Medea che, ferita nell'orgoglio per l'abbandono da parte di Giasone, uccide i figli avuti da lui, chi compie simili gesti finisce per accorgersi che la sete di vendetta di per sé è sterile, perché non solo sovverte l'ordine dei padri, ma annichilisce, paralizza ed arresta il corso della storia.
Indubbiamente il desiderio che anima la protagonista del racconto non è né ira, come quello di Achille, sentimento mentale ed emotivo di conflitto con il mondo esterno e con se stessi, né odio come quello di Medea, pulsione che può raggiungere i suoi scopi distruttori solo percorrendo la via del raziocinio, proprio come ha fatto il nazismo in Germania, ma è un qualcosa di più complesso che nasce principalmente dal sentimento di pietà verso se stessa e di giustizia nei confronti dell'umanità, sentimento che Barbara de Witte, come suggerisce l'autore, rivendica con l'unica forza a disposizione di chi non ha potere: "la forza dell' emozione".
Solo il criminologo - filosofo dottor Valli, alter ego dell' autore Paolo Brondi, è in grado di cogliere l'urgenza di questa forza e di arginarla per evitare che a sua volta non si trasformi in ingiustizia, ma riconosca piuttosto "nel nome del padre", ovvero nella legge della parola, frutto del "logos" (parola- pensiero), la luce della speranza, la costruzione di senso e la responsabilità come basi imprescindibili per ogni percorso di civiltà.

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