di
Paolo Brondi
(Il confronto
con la realtà suggerisce molteplici chiavi di lettura del disagio sociale)
Ricorrente
e facile è l’attribuzione alla crisi dei valori della causa di ogni accadimento
drammatico, come violenza domestica, omicidio, suicidio, uso di droghe.
Piuttosto, il significato dei valori, spogliato nel tempo di ogni senso
metafisico e di una realtà puramente biologica o naturale, si riduce oggi ad un
processo che parte dalla soggettività, individuale o collettiva il cui pensiero
cerca di conferire valore alla realtà con adeguati strumenti a disposizione.
Ne deriva che l’ipotesi della genesi valoriale si verifica per la presenza o meno di tali strumenti.
Ne deriva che l’ipotesi della genesi valoriale si verifica per la presenza o meno di tali strumenti.
Si
possono esemplificare le linee di tale processo attraverso alcuni vissuti. Si
pensi a tutti quelli che, passando da un’infanzia, spesso deprivata di affetti,
in famiglie patologiche, a una maturità, fatta di nuovi interessi e di nuove
responsabilità, s’imbattono in una società che, mentre offre tutta una
pluralità di stimoli, appare invece avara o incapace di concrete possibilità di
vederli realizzati. O a tutti quelli che sperimentano il “naufragio della
presenza” (cfr. Ernesto De
Martino, Dalla crisi della
presenza alla comunità umana, Napoli, Liguori, 1987), per una
presenza traumatizzata, angosciata, incapace di elevarsi a protagonista, nel
reale, della sua stessa esistenza.
E’
evidente che in questi casi estremi e similari le coscienze maturano un
simbolismo negativo, dovuto alla carenza della transazione, di cui parlava Dewey
(John Dewey, Conoscenza e
transazione, La nuova Italia, 1999), ovvero della capacità di
inserirsi consapevolmente e oggettivamente nella situazione esistenziale, pur problematica,
o nel mondo della vita (Husserl). Questi e tanti altri, perduto la loro
battaglia nella vita, si esprimono nel delirio di onnipotenza, nel chiuso di un’esperienza
autistica o nella demenza, ma anche nei fondamentalismi e integralismi, che
danno luogo a sanguinosi e spietati conflitti.
Opposta
è l’esperienza simbolica che, sublimando eventi, cose e persone, produce,
immagini della cultura che danno senso e valore agli individui, mediante
morale, arte, miti, leggende, religione e poesia. E’ l’esperienza di chi per
sorte è più fortunato e riesce a maturare un ethos del trascendimento (De
Martino), impegnando sia il pensiero che le azioni, nel superamento dei limiti
storici di una società angusta e paralizzante, per accedere, attraverso
intuizioni simboliche creative e vive, a nuovi orizzonti morali e sociali.
Nessun commento:
Posta un commento