Racconto
di Paolo Brondi
Pigramente
il sole declinava e un profumo aspro di rose entrava dalla finestra nello
studio del dottor Enrico Silvestri. Da poco aveva ricevuto il padre di Alberto,
studente dell’ultimo anno del liceo.
“Dottor Silvestri la scongiuro, io e mia
moglie siamo distrutti- così esordì il signor Giusti, pallido nel viso e con
occhi colmi di lacrime- Alberto è scomparso. Non è tornato da scuola.
Non risponde al cellulare! Ci aiuti Lei a capire che cosa sia successo… a ritrovarlo!”
Non risponde al cellulare! Ci aiuti Lei a capire che cosa sia successo… a ritrovarlo!”
Il
dottor Silvestri da più giorni aveva notato strane reazioni in Alberto, ma non
ne aveva fatto parola al padre, lo rassicurò di aver fede nel suo ragazzo, del
resto ormai maggiorenne e, forse, in fuga con la sua ragazza. Gli suggerì di
tornare nelle prime ore del mattino successivo, se il figlio non si fosse fatto
vivo.
Non era ancora cominciato il giorno che il signor
Giusti pigiò ripetutamente il campanello del suo studio psicologico. Fu subito
accolto. “Calma, calma- disse Silvestri- sedetevi e raccontatemi tutto quello
che vi viene in mente su vostra figlio”. Il signor Augusto scrollò la testa:
“Come faccio a stare calmo- disse- Tutta la notte ho vegliato attendendo un
cenno, una telefonata. Niente! Alberto non si era mai comportato così, mai
aveva mancato di rispetto a noi genitori. E’un ragazzo modello”.
Enrico
lo guardava, guardava fuori e pensava che in quelle parole si nascondesse la
consueta verità: l’abitudine alla convivenza con i figli lascia trascurato
quello che c’è sotto. Si venera la bravura di un figlio, ma non si sa quello
che veramente pensa, medita, soffre. “Quanto alle ragazze, - chiese - le
frequentava, aveva una sua ragazza?” “Amici sì -rispose il padre- tanti amici.
Venivano a studiare con lui per pomeriggi interi, ma ragazze no. Non posso legarmi
con alcuna perché non avrei tempo di dedicarmi a loro. Ho lo studio, il calcio
e ora la chitarra!”
“Giusto-
disse Enrico – può trattarsi di un crollo del sistema nervoso ma dobbiamo
cercare ancora altre risposte. Ah, mi porti anche un diario, un quaderno, uno
scritto di suo figlio, se li trova”.
Alle
dieci, puntualmente, si presentarono l’allenatore e alcuni giocatori della
squadra “Virtus”. “Alberto mi è parso strano già da tanti giorni-spiegò
l’allenatore- non aveva più la solita elasticità, lo scatto ed era sempre
agitato”. “Sì, è vero- aggiunsero i giocatori- negli spogliatoi faceva discorsi
strani, diceva di essere stanco della solita vita, di dover essere sempre il
bravo”.
“Credo
– disse un giocatore -che il nostro portiere sappia più di noi quello che può
essere successo ad Alberto poiché entrambi suonavano la chitarra e si erano
avvicinati a un nuovo gruppo musicale, ma ora il portiere è in vacanza. E’,
alle Maldive, beato lui… con la sua ragazza”.
Li
congedò e attese. Era sicuro che il signor Giusti gli avrebbe portato il
materiale richiesto, e così fu: arrivò alle 12, portando un quaderno di scuola
elementare, un diario, la copia dell’ultimo compito in classe di italiano.
“Eccoli
qui – disse Enrico osservando la grafia del compito d’italiano e attirando
l’attenzione del padre - i segni delle sofferenze di Alberto. La scrittura non
si appoggia con sicurezza alla linea di base, nonostante il foglio sia rigato,
ma oscilla, scende, in modo irregolare: è segno di stabilità ed equilibrio
psichico compromessi e di senso pratico insufficiente.” Il signor Giusti non
rispose. Il dottor Silvestri aspettò. Sentiva l’affanno del padre. Vedeva
crescere il pallore sul suo volto. “Dobbiamo attendere con fiducia-disse- non
siamo nel vuoto”-.
Nel
primo pomeriggio il dottore decise di sentire il sacerdote, Don Mario, che
conosceva il ragazzo fin dal tempo della scuola elementare.
“Sa,
dottor Silvestri - raccontava don Mario – Alberto è un ragazzo buonissimo e
timoroso di Dio. Da ultimo, credo che, oltre allo studio, al calcio, alle
uscite con i vari amici e amiche, aveva aggiunto l’interesse della musica, del
suono della chitarra. So del suo legame con un nuovo gruppo musicale rock
guidato da Walter Mauri.
Il
quadro è quasi completo, pensava Enrico: Alberto e come lui molti giovani del
nostro tempo, non sanno vivere senza sogni; di sogni rivestono la loro incerta
realtà. La musica li aiuta a sognare, ma può anche illudere e allora il sogno è
ancor più pericoloso. Seppe da Luigi, portiere della Virus, che era partito al
seguito di Walter Mauri per un tour a Madrid.
Enrico
sfogliò rapidamente la sua agenda e trovò il numero che cercava. Ricordava di
aver conosciuto, in un recente congresso di psicologia, una collega di Madrid,
di nome Ayelén. Le telefonò, esponendole il problema e manifestando il
desiderio che incaricasse qualcuno di recarsi presso la discoteca Palácio
Gaviria al fine di trovare il gruppo Walter Mauri e il musicante Alberto.
Le
comunicò i dati della sua posta elettronica. Due ore dopo, la risposta: “Ho
mandato un giovane del mio studio a fare la ricerca. E’ tornato distrutto: non
ha ancora trenta anni, ma non ha resistito molto ad ascoltare quella musica
così intensa, disperata, destabilizzante, sovreccitante. E’ riuscito, comunque,
con molta fatica, a trovare Walter Mauri, ma di Alberto nessuna traccia. Walter
Mauri gli ha riferito che sì Alberto era partito con lui, ma poi, pentito si
era fermato a Genova”.
Il
dottor Silvestri si trovava ad un passo dalla soluzione del problema ma ancora
impigliato nel dilemma. Se Alberto –pensava- non ha proseguito il viaggio per
Madrid perché non ha telefonato? Perché si è fermato a Genova e non ha fatto
ritorno a casa?
Il
telefono squillò di nuovo. “Dottor Silvestri, è lei? Parla la polizia in
servizio presso l’ospedale S. Martino di Genova. Risulta qui ricoverato un
giovane, in stato semiconfusionale, senza documenti. non ricorda il suo nome,
né l’indirizzo di casa. Noi ci riferiamo a lei perché abbiamo trovato nella
tasca della sua giacca la tesserina della squadra di calcio Virtus il cui
indirizzo non è lontano da quello del suo studio“. Il dottor Silvestri,
informati i genitori, partì subito, con loro alla volta di Genova.
Il
ragazzo ricoverato era Alberto! Sedeva sul letto tutto costretto in un angolo,
con il capo chiuso tra le due mani, le guance rigate da lacrime. Diagnosi:
Sovreccitazione neuro-sensoriale, anomalie nella memoria, e nella coordinazione
neuro-muscolare. Il padre lo guardava sconvolto.
La madre si avvicinò, gli prese le mani e lo cullò
con una vecchia cantilena. Nel canto per un bimbo che vuol farsi mettere a
letto, Antonio tornò alla luce della coscienza, si guardò intorno, riconobbe
tutti, sorrise.
Nessun commento:
Posta un commento