Pier Vittorio Tondelli, autore di culto tra i giovani del
secolo scorso. Oltre il degrado dell'esistenza e il linguaggio disinibito, la ricerca di uno spazio dove ancora poter parlare di
musica, libri, arte
di Davide
Morelli
Pier Vittorio
Tondelli muore di aids nel 1991 a soli 36 anni. E’ stato scrittore prolifico e
famoso, viaggiatore instancabile ed acuto osservatore delle mode e dei costumi
degli anni ottanta. E’ ancora difficile fare un bilancio obiettivo sulla sua
opera. Tondelli esordisce nel 1980 con “Altri libertini”, sequestrato per
oscenità e poi assolto con formula ampia.
Il processo giudiziario e la straordinaria novità del libro lo portano al successo, vende quarantamila copie. Tondelli diventa così, senza volerlo, lo scrittore di una generazione, quella del settantasette. Con il suo primo libro riesce a dare voce a gay, travestiti, drogati e studenti fuori sede.
Il processo giudiziario e la straordinaria novità del libro lo portano al successo, vende quarantamila copie. Tondelli diventa così, senza volerlo, lo scrittore di una generazione, quella del settantasette. Con il suo primo libro riesce a dare voce a gay, travestiti, drogati e studenti fuori sede.
Nel suo
secondo libro “Pao Pao” invece tratta di una caserma di soldati, delle loro
peripezie sotto la naia. Mette in luce sia il cameratismo tra commilitoni che
il nonnismo. Infatti Tondelli stesso dichiarò che sotto naia vige “una
giustizia tribale e assoluta, tollerata dalle gerarchie che fingono di non
vedere, finché non scappa il morto”. In tutta l’opera si nota il contrasto tra l’istituzione
( con le sue pratiche burocratiche e le sue norme rigide) e la spontaneità dei
ragazzi.
Anche in un
altro suo romanzo “Rimini” il punto di vista è collettivo, come nei precedenti.
Tondelli vuole mettere in mostra “la carnevalata estiva” della riviera
romagnola. Le storie dei ragazzi si intrecciano nella notte. Nonostante il
continuo ribaltamento del giorno con la notte, le trasgressioni, il sesso nessuno
di loro troverà quel qualcosa di cui è alla ricerca. Nel suo ultimo romanzo
“Camere separate” non abbiamo il dinamismo dei precedenti. Si tratta infatti di
un libro intimista, in cui prevalgono lo scoramento e la solitudine del
trentenne Leo. Il protagonista cerca di rielaborare il lutto del suo compagno
Thomas.
Una cosa che
contraddistingue Tondelli rispetto a molti altri della sua generazione è il
rifiuto di ogni ideologia. Forse è per questo motivo che nonostante il successo
editoriale e le opinioni benevole della critica più avanzata non gli è mai
stato conferito un premio letterario. “Linea d’ombra” e il Gruppo 63
sottovalutarono sempre il suo talento. Diversi critici lhanno esaminato l’opera
omnia di Tondelli. Tra questi spicca il gesuita Antonio Spadaro, fondatore di
Bomba Carta, che ha notato l’apertura alla trascendenza ed una spiccata
sensibilità religiosa nella seconda produzione di Tondelli.
Già Bonura
aveva intuito questo lato religioso dello scrittore di Correggio. Un dato di
fatto incontestabile della religiosità di Tondelli è ad esempio l’intervista a
Carlo Coccioli. Si può essere d’accordo o meno, ma il lavoro di Antonio Spadaro
merita rispetto: ha passato sette anni della sua vita a leggere tutto quello
che Tondelli aveva scritto. Ha letto anche tutti i suoi appunti, tutte le sue
annotazioni diaristiche, tutti i libri che aveva letto Tondelli. Ha sentito tutti
i suoi amici e conoscenti.
Un altro
aspetto innovativo di Tondelli è la mancanza di ogni accademismo. Nella maggior
parte dei suoi libri adotta il gergo giovanile. Tondelli non è libresco, il suo
stile è antiletterario. Ma d’altronde- viene da chiedersi- in base a quali
valori si giudica la letterarietà di un testo? In base forse ai canoni
estetici, ormai antiquati, che furono ad esempio di Pascoli ? Uno dei punti
fermi di Tondelli è la narrativa di Silvio D’Arzo, che nella sua breve
esistenza scrisse “Casa d’altri” e “L’aria della sera”. Silvio D’Arzo,
anch’egli emiliano, negli anni’20 ha uno stile originale, antinaturalista e
minimalista, agli antipodi rispetto al verismo piccolo-borghese tanto in voga
all’epoca. Ma ritorniamo al nostro.
A questo
aspetto si aggiunga lo stile postmoderno di Tondelli, per cui nelle sue pagine
si trovano brani di canzoni rock, citazioni letterarie, esclamazioni
dialettali, musica pop, cinema americano, beat generation. Ma non è tutto.
Tondelli cerca il ritmo della frase, che deve possedere una sua musicalità.
Tondelli è maestro di quella che lui chiama “la letteratura emotiva”. Tramite
questo ritmo del linguaggio parlato riesce a catturare il lettore, a fargli
leggere tutto d’un fiato la pagina scritta.
La tematica
centrale dei libri di Tondelli è la fuga, l’emancipazione dalla provincia
asfittica. Lo scrittore scrive che l’unico modo di uscire dalla Peyton Place
della provincia è Kerouac. Infatti i protagonisti giovanili dei suoi racconti
girano tutta l’Europa: Londra, Berlino, Amsterdam, Barcellona. Ma sono fughe a
breve termine, una sorta di “mordi e fuggi” per poi ritornare alla tanto
maledetta provincia. D’altronde a queste piccole evasioni c’è solo un’altra
alternativa: quella del weekend postmoderno, che in fondo è una pseudo libertà.
Oltre alle opere letterarie abbiamo anche l’attività editoriale di Tondelli.
Con il progetto “Under 25” seleziona i racconti della nuova generazione.
Sceglie quelli che lui definisce gli scarti che si discostano dalla norma. Li
riunisce in quattro categorie: testi intimisti, generazionali, di genere, sperimentali.
Tra gli autori di questi racconti prescelti, Silvia Balestra.
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