Lo specchio di F. Dicksee |
Nello sguardo di una donna, la forza della giovinezza e la voglia di
vivere: il fascino del suo giovane amante di un tempo e quello della nuova
amica di lui
di
Laura Maria Di Forti
Ludovica
entrò nel salone avvolta in un magnifico abito color verde menta con la grazia
di una geisha e la sfrontatezza di una principessa. Dopo i convenevoli e gli
auguri, Ludovica si mise a sedere su una delle poltrone che erano state portate
sul terrazzo, e cominciò a sorseggiare un Martini accompagnato da due olive
verdi. Verdi come i suoi occhi, occhi voraci.
Lui
c’era. Era lì, seduto vicino ad una giovane molto carina. Niente di
sconvolgente, certo, il paragone tra quella ragazza e lei stessa, beh, era
inconcepibile. Però. Non aveva la sua classe, non indossava un vestito
splendido e regale come il suo, non emanava fascino come lei, è vero, ma
possedeva una qualità che ormai lei stava perdendo. Semplicemente, quella
giovane era maledettamente giovane.
Ludovica
si mise a guardarla con malinconia, forse anche con invidia, lei, proprio lei
che non si era mai considerata meno bella ed interessante, meno affascinante e
sensuale di tutte le altre donne messe insieme. Ma contro la giovinezza, sì,
contro questa stagione della vita che fa apparire graziosa anche la più
insignificante delle donne, beh, nulla si può. Quella giovane era lì, seduta,
ignara della forza che possedeva, della qualità che la contornava di
perfezione.
E
Marco la guardava con interesse. Ludovica conosceva molto bene quello sguardo,
oh sì, lo conosceva. L’aveva visto per la prima volta mesi prima, quando ad una
cena lui si era presentato con la semplicità dell’uomo che sa di piacere,
mentre lei lo aveva guardato con il suo istinto felino, cacciatrice in cerca
della preda. E lo sguardo di lui si era fatto attento, aveva presentito la
conquista, di lui, di lei, che importa? C’è sempre un cacciatore o una
cacciatrice, e dall’altra parte la preda non sempre è cosciente di essere
preda.
Quella
volta, quella sera, Ludovica aveva notato Marco perché lui aveva il pregio di
essere giovane, e questo era ciò che lei voleva. Conquistare un corpo bello e
forte, depredare il fiore della giovinezza, ammantarsi della primavera della
vita. Era stato piacevole, era stato entusiasmante, era stato magnifico. Cosa
soprattutto? Farsi amare da un uomo che non è stato ancora sfiorato dalla
triste consapevolezza del disfacimento del corpo e dello spirito. Ecco cosa.
Marco
e le sue risate, il suo trasporto per la vita, la passione per il bello, per la
ricchezza e l’opulenza, come se non esistesse nient’altro se non l’eccitazione
dei sensi e l’esaltazione per l’adrenalinica volontà di vivere. Marco, giovane
uomo troppo avido, come lei d’altronde. In fondo, s’intendevano alla
perfezione. Entrambi erano smaniosi, famelici divoratori di vita. Ma poi,
naturalmente, l’interesse si era attenuato svanendo pian piano, soffocato da un
senso di vuoto. Per entrambi. Semplicemente, si erano accorti di stare
procedendo verso il nulla.
Ludovica
aveva perso interesse per il giovane rampante, aveva capito che avere un amante
giovane non la rendeva altrettanto giovane. L’aveva resa orgogliosa, l’aveva
fatta sentire bella, bellissima, ancora affascinante, certamente, ma quando
incontrava uno specchio, la differenza d’età fra loro risultava troppo
evidente. Meglio circondarsi di amanti della sua età, meglio guardare negli
occhi chi ha le stesse rughe e conosce la delusione del tempo che passa.
Marco,
invece, aveva finito per giudicare troppo cinica la sua nuova amante, forse per
colpa dell’età. Troppo smaliziata, troppo fredda, scettica talvolta e perfino
sprezzante. Le donne giovani, fresche e spontanee, incuranti del sole che non
macchia la loro pelle e delle luci che non fanno risaltare i segni del tempo,
sono più rilassanti. I visi giovani sono sempre perfetti, in qualsiasi momento.
Si
erano lasciati, o meglio avevano permesso di perdersi di vista, così, senza
spiegazioni, superflue d’altronde, e senza drammi. E ora, si erano incontrati
per caso, si erano appena salutati con un cenno. I convenevoli li lasciavano
agli ipocriti, loro sapevano di aver preso la decisione di chiudere una storia
perché questa non li soddisfaceva più, era divenuta troppo banale, addirittura
era controproducente per entrambi.
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