Ricevere e donare: il momento della colazione in casa, tutti insieme.
di
Marina Zinzani
“Si
sopravvive di ciò che si riceve, ma si vive di ciò che si dona” (Carl Gustav
Jung).
La
mattina presto, sbatter di tazze, lavastoviglie che si svuota, la moka riempita
di acqua e caffè, i suoi gorgoglii in cucina mentre l’aroma si espande, profumo
invitante che apre la giornata.
Le
tazze sul tavolo, i piatti, la colazione. Fette di torta, o frittata, o pane
burro e marmellata. Il cappuccino anche, che esce alla perfezione da una
macchinetta.
Inizia
la giornata e la madre prepara la tavola con cura, anche se di questa cura si
accorgeranno poco i figli, il compagno. Si alzeranno quasi di malumore, e
ancora assonnati mangeranno quella torta, in fretta perché è sempre tardi, non
si accorgeranno neanche del cappuccino con la polvere di cacao sopra a forma di
fiore. Neanche il suo compagno si accorgerà della frittata, questa volta con i
carciofi, a lui sembrano indifferenti i sapori, e poi è di prima mattina, il
corpo va a rilento, i minuti sono contati.
La
colazione è finita. Sono già usciti tutti, e la madre deve rimettere ordine,
ancora una volta. Ma è serena, in qualche modo. Sono i suoi figli, il suo
compagno, sono tutta la sua vita.
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