intervento *
di
Loretta Bertolotti
Sono
un cancelliere della Procura della Repubblica di Milano e sto trasmettendo un
fax. Anzi ci sto provando.
Un’anziana
signora, che ha dato fuoco al marito che dormiva, è stata riconosciuta dal
consulente tecnico del Gip più adatta ad un OPG (ospedale psichiatrico
giudiziario) che al carcere dove è ristretta da qualche mese. Che non fosse
tanto in sé era chiaro a tutti da tempo – mi dice la sorella che aspetta un
permesso per andare a farle visita a San Vittore – ma l’ospedale milanese che l’aveva
in cura, per quanto volonteroso, non ha le risorse per “presidiare” il suo caso
24 ore su 24: è bastato allentare la vigilanza un attimo e il sogno della dolce
vecchietta è diventato un incubo per il suo consorte.
“lo
so” – sospiro dentro di me – d’altronde lavoro da anni in un dipartimento della
procura che si occupa di “fasce deboli” che, tradotto, sono tutte
quelle persone che ci vivono quotidianamente accanto in questo bolgia infernale
di città tanto veloce quanto disumana: ex mogli che lottano per ricevere
quanto stabilito dal Giudice per mantenere se stesse e i figli o
maltrattate, picchiate, stuprate, padri che lottano per continuare ad
esserlo anche quando hanno smesso di essere mariti, genitori che lottano contro
figli abbruttiti dalla droga, figli che lottano contro genitori abusanti o
assenti, anziani che lottano per conservare un po’ di dignità o per non finire
fagocitati da circonventori con la faccia amichevole (parenti, badanti,
rappresentanti infedeli di istituzioni civili o religiose), bambini che lottano
come perenni “cappuccetti rossi” contro perenni lupi informatici, educatori,
vicini di casa, baby sitter, nuovi compagni delle madri e via allungando a
dismisura una lista che diventa ogni giorno più variegata ed incredibile. Tutti
contro tutti.
E poi
ci sono gli “emarginati” su cui rimbalzano catene di ordinarie ingiustizie
sociali che ne fanno inesorabilmente la vittima o il carnefice predestinato.
Zingari, extracomunitari, portatori di handicap, “figli d’arte” della nequizia,
fiori cresciuti nel degrado che si sono immarcesciti scivolando verso la “devianza”,
con automatismi perversi.
Sono
anni che penso che il settore penale si deflazionerebbe dell’80 per cento
se si potenziasse in egual proporzione la Volontaria Giurisdizione (che
tradotto di nuovo è quella rete di assistenti sociali, servizi, centri di
recupero e di prevenzione, giudici tutelari, amministratori di sostegno e
risorse) che invece è considerata la cenerentola del sistema. Ci si potrebbe
dedicare con mani più libere ed efficienti a colpire e reprimere quelli che
delinquono solo per sfizio personale, per bramosia, per arroganza, per spregio
. Quelli che sprecano le risorse di tutti, che rendono tutti precari, che
creano danni che si perpetuano nel tempo e che non pagano mai. Non interessa i
dibattiti questa riflessione, né i convegni, i simposi, i talk-show e chi
darebbe retta ad un Cancelliere, seppure con 30 anni di esperienza, seppure
della Procura di Milano?!
La
rabbia si ritrasforma in depressione e la depressione in irritazione. Il fax
continua a comporre a vuoto e non riesce a trasmettere l’ordine di trasferire l’anziana
signora dal carcere all’OPG. E’ il fax del DAP (il dipartimento dell’amministrazione
penitenziaria che si trova a Roma, da cui l’organizzazione del trasferimento
dipende). E’ quasi da un’ora che è occupato.
Mi
determino. Chiamo. Non avete un altro fax? No – mi risponde una voce in cui
riconosco il colore della mia stessa stanchezza – ne abbiamo solo uno per
ricevere da tutte le Procure d’Italia e uno che uso per trasmettere. Per
contenere le spese. Ma se mi prometti che lo fai subito – si impietosisce
– stacco un attimo e ti faccio entrare dal mio fax –
Ringrazio
e mi precipito. Il segnale di ricezione avvenuta fa sentire meglio me e manda
la vecchietta incendiaria verso quello che sembrerebbe essere un più “giusto”
destino.
Contenere
le spese. Il filo rosso del periodo. Sicuramente per noi che abitiamo i piani
bassi della Pubblica Amministrazione, la linea di confine tra l’idea e la realtà.
Me l’ha
detto il collega dell’Ufficio Economato, quando mi ha annunciato che da
qui ad ottobre avrei avuto diritto solo a 17 faldoni per raccogliere gli atti
da trasmettere. – E se me ne servono 18? – ho sbottato consapevole che in
una sola ora la Procura di Milano iscrive 80 fascicoli contro persone note e un
numero difficilmente precisabile contro persone ancora da identificare -
Li leghi con un bell’elastico e li trasmetti così, risponde arreso da tempo.
Così come le puntine che non si chiudono, le cucitrici che non cuciono, le
colle che non incollano, le penne che non scrivono. – Oppure te le compri tu-
Spero
che almeno il “timbro tondo” me lo fornisca l’Amministrazione, non fosse
altro perché è un sigillo che la rappresenta, come la filigrana nelle
banconote.
Un
tempo, quando ero un giovane Cancelliere, era di metallo e veniva usato con
inchiostri ad olio. Ma un tempo i Cancellieri erano i notai del sistema,
appartenevano all’Ordinamento giudiziario come i Magistrati e percepivano i
diritti di cancelleria. In fin dei conti, il Potere giudiziario, è uno dei tre
Poteri costituzionali, non solo una delle indispensabili attività con cui lo
Stato, in un Paese civile e democratico, si prende amorevolmente cura dei suoi
cittadini. Poi una lenta deriva ci ha portato scivolando a confluire nel magma
generale della Funzione Pubblica, bersaglio sempre più indifeso, insieme agli
altri settori dello Stato, di interventi che – a colpi di decreto – ci
hanno spolpato sino all’osso : nessuna carriera, nessuna assunzione, niente ore
di straordinario, contratti bloccati, nessun turnover, nessuna mobilità, in
pensione a 65-66-67? anni in un settimana, via il Fondo Unico di
Amministrazione e ora nemmeno il “timbro tondo”?!
Un
Cancelliere senza il suo sigillo è come un Re senza corona o un soldato senza
fucile e il mio, di plastica e gomma giace consunto e rotto nel cassetto della
scrivania. Cosa ne direbbe la Cassazione se per autenticare la conformità di un
atto apponessi la scritta “qui ci sarebbe un sigillo che non ho” ?
Forse
sarà perché le grida “Statale fannullone” erano diventate assordanti o forse la
deviazione professionale che ci ha reso l’occhio maligno e sospettoso,
sta di fatto che qualche tempo fa – in epoca non sospetta – io e i miei
colleghi ci siamo chiesti – sarà mica che vogliono fare le prove generali su di
noi, ridurre lo Stato un guscio vuoto e poi dedicarsi con calma a tutti gli
altri, bruciando diritti sudati nel tempo sull’altare di Moloch Crisi
Economica?!
E
per trovare conforto ai nostri dubbi abbiamo fatto colletta, comprato uno
spazio su un giornale e rivolto la domanda al Presidente della Repubblica.
Silenzio di tomba.
A
questo penso mentre allungo la bottiglietta dell’acqua minerale a due Agenti
della Polizia Penitenziaria che si stanno liquefacendo nel corridoio aspettando
che il detenuto che hanno in consegna termini l’interrogatorio che rende da ore
avanti al Pm. Hanno chiesto il cambio per mangiare almeno un panino ma dal “raggio”
gli hanno ricordato che non c’è nessuno che li possa rilevare. D’altronde – mi
dicono –mettono un po’ di benzina a turno nelle macchine di servizio.
E il
giovane ispettore Inail, a cui offro di inviare via fax l’autorizzazione del
PM di avere copia del rapporto di Polizia indispensabile per risarcire un
cittadino aggredito mentre si recava al lavoro, mi risponde – grazie no, vengo
io a prenderlo, non si preoccupi, perché di fax ne è rimasto solo uno per il
Direttore Generale. Sa, bisogna ridurre i costi –
Mi accascio e penso che in un angolino del giornale ho letto
stamattina che stanno pensando – perché non tagliare ferie e tredicesima agli
statali? E penso che se sciopero ad oltranza mi iscrivono sul registro
degli indagati e magari mi licenziano. E penso che ho una Laurea in
Economia Politica in Bocconi perché credevo che l’Economia potesse rendere
questo mondo migliore. E penso che sono un Cancelliere perché credevo che la
Giustizia potesse rendere questo mondo più giusto. Ma penso anche che sono
isolata, certamente sì, ma non sola. Siamo in tanti.
* Questo articolo di Loretta Bertolotti è stato pubblicato il 17/7/12 su Il Fatto Quotidiano. Può essere letto anche sul sito curato dall'autrice: http://www.korallion.it/index.php.
Maggiori informazioni su L. Bertolotti e su Korallion alla pagina:
Interventi: Collaborando con la Rivista
http://angeloperrone.blogspot.it/p/interventi-collaborando-con-la-rivista.html
* Questo articolo di Loretta Bertolotti è stato pubblicato il 17/7/12 su Il Fatto Quotidiano. Può essere letto anche sul sito curato dall'autrice: http://www.korallion.it/index.php.
Maggiori informazioni su L. Bertolotti e su Korallion alla pagina:
Interventi: Collaborando con la Rivista
http://angeloperrone.blogspot.it/p/interventi-collaborando-con-la-rivista.html
Che amarezza...
RispondiEliminaHo letto l'articolo con attenzione e toccante consapevolezza.
RispondiEliminaScorgo a volte negli occhi di alcuni operatori della giustizia la stessa amarezza, il medesimo sconforto. Lo stesso, talvolta, provo anch'io. Ammiro coloro che perseverano senza abbandonarsi a facili quanto inutili ostilità. Aborro il pensiero di ritrovarmi anziano, capace solo di lamentare la mala gestio della cosa pubblica. Per questo, senza mai negare un sorriso o una parola cortese, lotto con forza e determinazione in tutti i casi in cui possa asservire la mia pur poca capacità al bene comune. Alla gentile Cancelliera dico: avanti tutta! la sua determinazione, mossa dalle convinzioni profonde che l'hanno evidentemente sempre motivata, ha fatto del bene, anche in questo caso.