Da Pisa a Livorno, una scelta per
proseguire il lavoro di sempre nel settore penale, ma non solo. Anche per
affrontare problemi nuovi, con metodi più elaborati. Un percorso nella continuità e nel
rinnovamento. Senza dimenticare nulla degli anni trascorsi, e con un pizzico di
nostalgia. Piero Calamandrei è il
mitico giurista, membro autorevole dell’Assemblea costituente, al quale ritorna
il pensiero nei momenti più delicati.
(ap) Tribunale di Pisa, ciao. Tempo di saluti. Strette di mano,
abbracci calorosi, parole in confidenza intorno ad un tavolo con del buon cibo.
Non proprio un addio. Le cose del cuore non si lasciano mai. Si chiude un
periodo lungo e ricco, che ha attraversato molte stagioni, a partire dai primi
giorni da giovane sostituto procuratore, cui il destino regalò immediatamente
un difficile caso di omicidio a scopo di rapina. Sino ai giorni d’oggi da
giudice di tribunale, dopo aver incrociato un caleidoscopio di vicende umane,
ricche di dolore e di bellezza, di esaltazione criminale e di ingenua follia:
mille volti, e altrettante anime, spesso oscure e insondabili, qualche volta
trasparenti in modo disarmante. Uomini e donne che affrontavano momenti
cruciali della loro esistenza e ponevano alla coscienza del giudice
interrogativi inquietanti.
Si parla di funzionalità della pubblica amministrazione e di
efficienza della giustizia; occorrerebbe, prima di tirare una riga per fare le
somme, guardare ai luoghi e alle persone. Non sono mai mancati e non difettano
neppure oggi tra noi esempi di menefreghismo, di incuria, di approssimazione,
di ostracismo a qualsiasi tentativo di rinnovamento.
Eppure la fortuna più preziosa è aver incontrato, durante il
lungo percorso, la professionalità, la competenza, la diligenza; quel senso di
decoro e di amor proprio nello svolgimento del compito affidato, che permette
all’ossatura di un popolo di guardare al futuro con fiducia. Appartenenti alla
polizia giudiziaria che, non retribuiti,
hanno lavorato di notte per raccogliere briciole di prove; personale di
cancelleria che ha mostrato di non dare peso al trascorrere delle ore (anche
esse non pagate) se c’era un lavoro urgente da terminare; professionisti seri,
rigorosi, leali nella tutela di legittimi interessi di parte; magistrati che
sono stati esempi di saggezza e di intelligenza.
Ora comincia il tempo nuovo: dalla sede ai colleghi, al
personale, alla diversa organizzazione del lavoro e alle differenti
problematiche sociali da affrontare.
Il rammarico per il distacco dalle persone conosciute in tanti
anni è però attenuato da un buon auspicio, il nuovo indirizzo di lavoro, che è
via Falcone e Borsellino. A volte basta un segno, per riflettere. Non poteva
esserci nome di strada più impegnativo, ma anche incoraggiante. Quando l’ho
scoperto e ho commentato la cosa con il mio amico Piero, ho notato un sorriso
compiaciuto. Ma lui non ha fatto commenti. Eravamo per le strette strade di
Livorno, nel quartiere Venezia, dove ha sede l’ufficio. Non ha voluto
aggiungere nulla. Forse, da buon toscanaccio arguto, gli sarà venuta sulle labbra
qualche battuta salace. Ma si è trattenuto: avrà pensato che fare cose del
genere, come fermarsi a guardare tanto a lungo la targa di una strada, il naso
all’insù, era una cosa che potevamo fare da ragazzi. Con lo stesso stupore e il
medesimo entusiasmo con cui, sui banchi dell’università, sgranavamo gli occhi
leggendo i primi articoli della Costituzione.
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