martedì 10 marzo 2015

Maschere


di Valeria Giovannini

Era un giorno d'estate, una torrida estate. Per l'ennesima volta avevi devastato il mio silenzio. Volevi spiare i miei pensieri. Volevi abitare la mia anima. La tua violenza mi aveva offesa. E io ho sentito una stretta alla gola. Mi mancava l'aria. Mi sentivo prigioniera, non potevo fuggire. Ho dovuto chiederti scusa. Per il mio silenzio. Per il mio rifugio. Fare buon viso a cattivo gioco. Ti ho odiato. Ho odiato me stessa. Per averti chiesto scusa. Per non essere fuggita. Avevo paura.

Era un giorno d'estate, una torrida estate. Tu mi gettavi addosso la tua rabbia. Ero ingombrante. Credevo di essere trasparente. Ma la mia presenza ti infastidiva. Ero scomoda. E silenziosa. Avresti dovuto scusarti. Invece tu mi hai perdonata. E ho disprezzato me stessa.
Il confine tra il carnefice e la sua vittima è molto labile. Io ero il carnefice. E la vittima.
Era un giorno d'estate, una torrida estate. Parole violente. Mani violente. Sono fuggita. E ti ho perdonato. Ma poi tutto è cambiato. Le tue scuse avevano il prezzo del mio silenzio. Troppo alto. Provavo pena. Ti avevo tolto la maschera. Ma non ti volevo fare del male. Me ne sono andata. E allora, la miglior difesa è l'attacco. Potevo scegliere di stare distante. E lo sono stata, distante. A lungo. Poi di nuovo vittima. Delle tue parole ciniche. Del tuo disprezzo. Delle tue manipolazioni. Di nuovo ho scelto il silenzio. Il non esserci. E su un tavolo di acciaio, ho visto il tuo corpo nudo e inerme. Pesante e freddo. Era un giorno d'estate, una torrida estate. 

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