Il sottile confine tra la luce e la
notte, ci si immerge nei fondali finché dura il fiato. Per stare poi meglio a
galla
di Giovanna Vannini
Non c’è nessuna linea tra la vita e la morte, nessuna distanza o
distacco. E’ un intrecciarsi vicendevolmente. Esserci non esserci, siamo qui
quelli che siamo, siamo lì quelli che in un’altra dimensione stanno. Si vedono
volti, si sentono voci, si recepisce presenza, basta solo essere predisposti
all'ascolto.
Ma forse non è nemmeno questione di questo. E’ proprio che vita e morte
hanno le mani tese e le dita che s’intrecciano. E’ un continuare per
proseguire, dove il destino ha fermato. Sono riflessioni notturne di una notte
dormita per metà, quando il buio e il silenzio conducono senza manovratore il
movimento del pensiero.
Nella luce del giorno ripensi, tieni e scarti. Tutto senti. Un perenne
e progressivo sentire ti accompagna. Fai parte di quelli che faticano a stare a
galla e abbisognano di immergersi tra i fondali, fino dove il fiato e la spinta
riescono a portarli. Intrecci di vita e di morte, si sciolgono quando la luce
squarcia, si calamitano a vicenda quando il buio tutto riagguanta. Ognuno la
pensi come vuole.
Mi piacciono le tracce del farnetico lucido a cui noi umani ci abbandoniamo mettendoci i presa diretta con l'abisso fondamentale dell'esistenza. Pratica filosofica di base, modesta ed essenziale. Peccato che il chiasso mercantile della modernità la confini nel non esprimibile.
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