Il lavoro precario, il bisogno di evadere, la ricerca
di uno svago: dove vivere? E soprattutto come?
di Davide Morelli
Entrarono in cucina. Una cucina con un
rivestimento dalla pavimentazione insolita nella nostra zona: il parquet. C’era
molto disordine. Nel lavello c’era un marasma di stoviglie accatastate: c’erano
scodelle sporche di sugo di ragù, mestoli e posate sporche, una teglia
incrostata. Giorgio aprì l’anta per prendere un piattino. Il rubinetto
sgocciolava. Probabilmente sgocciolava, perché si era rotta la guarnizione.
Poi prese dal cassetto un tagliere ed estrasse dal frigorifero il salame. Partì quattro fette di salame per sé e per Tommaso. Accese la macchinetta del caffè. Dal ripiano della credenza prese i chicchi da macinare. Il ticchettio dell’orologio appeso al muro scandiva il tempo.
Poi prese dal cassetto un tagliere ed estrasse dal frigorifero il salame. Partì quattro fette di salame per sé e per Tommaso. Accese la macchinetta del caffè. Dal ripiano della credenza prese i chicchi da macinare. Il ticchettio dell’orologio appeso al muro scandiva il tempo.
Fuori la natura era caratterizzata da colori smorti
autunnali. Potevano guardare fuori dalla finestra ed osservare i profili dei
monti ed i ritagli di cielo, disegnati dai rami di quel tiglio
maestoso. Da quegli squarci di azzurro potevano intuire le striature del
cielo e i passaggi delle nuvole. Sentirono una macchina, che rallentava davanti
casa. Pensarono che fosse Matteo. Si sporsero dal davanzale della finestra, ma
non era lui. Giorgio era di nuovo disoccupato, dopo aver provato per un mese a
lavorare part-time nel telemarketing. Il fisso era ben poca cosa. La maggior
parte del guadagno era tutta basata sulle provvigioni, però lui non ci riusciva
in quel tipo di lavoro.
Bisognava essere piuttosto spigliati e lui invece era
un tipo a cui non piaceva parlare tanto: parlava soprattutto con i famigliari e
con gli amici. Poi bisognava credere nel prodotto e lui non credeva nella
qualità del prodotto, che doveva promuovere. Come se non bastasse inoltre erano
in dieci in una stanza a telefonare e le voci si sovrapponevano. Tommaso invece
stava provando a vendere strani aspirapolveri. Però non riusciva a venderli,
perché c’era crisi e poi gli aspirapolveri costavano troppo cari. Entrava nelle
case delle persone dicendo che avevano vinto la pulizia dei tappeti e dei
materassi.
In realtà quella era solo una dimostrazione per
cercare di vendere. Tommaso era stanco di quel lavoro di rappresentante.
Dovevano aspettare una decina di minuti prima di poter fare il caffè. Per
ammazzare il tempo decisero di parlare un po’.
“Sono andato a Roma una di queste sere. Saranno due
settimane”.
“Da solo ?”
“Sì. Da solo”.
“Come mai ?”
“Avevo voglia di fare un giro da solo. Niente di più.
Niente altro che questo”.
“Ti sei divertito ?”
“E’ stata una serata strana. Per certi versi
originale. Già sul treno ero nello scompartimento con una
vecchina ottantenne, che fumava Marlboro”.
“Una volta arrivato che hai fatto ?”
“Ho cercato in tutti i modi di divertirmi. Ho girato
diversi pub. Ho fatto chilometri a piedi. Roma la conosco bene. Avevo amici un
tempo là e qualche anno fa andavo spesso a trovarli”.
“Come è finita la serata ?”
“Ero lontanissimo dalla stazione. Non passavano
autobus. Non avevo soldi per il taxi. Alla fine mi hanno dato un passaggio due
ragazze”.
“Ti sei fatto dare il loro numero di telefono ?”
“No. E’ finito tutto lì”.
“Chi abita a Roma vorrebbe vivere dalle nostre parti,
perché c’è meno traffico e meno smog. Invece tu fai l’esatto contrario”.
“Ma Roma ti offre più opportunità per divertirti se
sei giovane. Poi la gente si fa gli affari suoi. Giri l’angolo e nessuno sa più
niente di te. Qui invece in paese c’è un grande controllo sociale: sanno
perfino quante volte vai in bagno!!”
“Però a Roma ci sono funerali con dieci persone. Qui
invece anche nelle disgrazie hai il calore della gente. Ai funerali qui la
chiesa è sempre piena”.
“Allora mettiamola così: Roma va bene per divertirsi,
il nostro paese va bene per morire”.
“Resta un interrogativo a cui rispondere: quale è la
città in cui vivere ?”
Giorgio si mise a fare il caffè.
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