(con un commento di Angelo Perrone)
(ap)
Expo, il lungo giorno di due amiche che conversano tra loro, si guardano
intorno, girano tra gli stand, curiosando tra mille novità venute da mondi
sconosciuti, rimanendone stupite ed ammirate. Il futuro lancia le sue sfide, il
presente prova a rispondere superando i limiti del possibile. In qualche
momento si è travolti dalla molteplicità dei richiami, dalla sovrabbondanza
delle informazioni, dalla mescolanza disordinata delle proposte e degli stili
di vita. E si percepisce un senso di confuso stordimento.
Forse
non era la giornata giusta. Si preannunciava caldo, molto caldo. Già di prima
mattina ci si poteva privare della giacca, della leggera felpa, e tutto faceva
presagire che il caldo non avrebbe facilitato quello le attendeva: camminare
per ore. Per ore in mezzo a padiglioni di cui era emerso qualche dettaglio, dai giornali, dalla
televisione. Perché quello era il giorno dedicato all’Expo.
Linda
e Rosaria si erano date appuntamento all’entrata della metro, e quando si
trovarono fu tutto un baci e abbracci. D’altronde erano mesi che non si
vedevano: Rosaria abitava nella periferia di Milano e Linda era di Brescia. Da
tempo avevano programmato quella giornata insieme. Per la precisione era Linda
che aveva convinto Rosaria, parlandole per telefono dell’Expo, accennando di
suoi amici che ci erano andati e ne erano rimasti entusiasti.
Rosaria
portava al polso un bracciale tibetano, adorava le culture orientali, aveva al
collo un ciondolo che rappresentava il simbolo dello yin e dello yang. Capelli
raccolti in una treccia lenta, pantaloni di jeans larghi, zainetto di tela
verde e rosso. Per lei i colori erano importanti, aveva detto una volta a
Linda, influenzavano la mente, c’era tutto uno studio dietro…
Linda
era semplice, con il suo caschetto corto nero, gli occhialini quasi rotondi,
piuttosto bassa. Era di una semplicità che appariva da una pacatezza
nell’animo, con una dolcezza di fondo.
Presero
la metro, Linda disse che degli amici avevano parlato così bene di certi
padiglioni… e il cibo… c’era solo l’imbarazzo della scelta…
Scarpe
da ginnastica, zainetti in spalla, le due ragazze con un certo entusiasmo
arrivarono alla fine della corsa. Certo, poco dopo si prospettava un tragitto
lungo, per entrare. Per prima cosa i
controlli. Mettere tutto in un cestello, anche l’acqua, per passarla al metal
detector.
“Dovreste
aprire le bottigliette dell’acqua e berne un sorso” disse l’uomo all’entrata.
“E
perché?” chiese Linda.
Rosaria
la guardò severa. Possibile che l’amica non avesse capito? Ci poteva essere di
tutto in quelle bottigliette d’acqua, erano bravi all’entrata, ci poteva essere
un attacco terroristico…
Le
due si incamminarono, con il sorriso sulle labbra, guardandosi attorno
spaesate. Avevano preso la cartina, e tutto appariva eccitante.
“Che
facciamo, cominciamo di qua? Questo è il Decumano… “ disse Linda.
“Sì,
guardiamo i padiglioni da questa parte direi, poi quando torniamo guardiamo
quelli dell’altra…”
Vietnam,
Sierra Leone, Bangladesh, Cambogia… Rosaria era incuriosita da quei padiglioni
non tanto grandi, ma con qualcosa di caratteristico: artigianato, oggetti che
ricordavano il paese, odori che richiamavano spezie. Molto molto gradevoli, fra
l’altro…
“Dopo
potremmo mangiare qui, devono essere cose buone…” propose Rosaria.
I padiglioni
che raggruppavano alcuni Paesi con l’argomento comune del riso apparivano
semplici e suggestivi. Rosaria li trovò molto interessanti, guardava il loro
artigianato, alcuni monili.
Erano
eccitate, tutto sembrava un bengodi…
“Guarda,
Rosaria, il padiglione del cacao! Dai, entriamo…”
“Ma
vedi che fila? C’è una scolaresca intera che aspetta… Magari dopo…”
“Sì…
dopo ci torniamo… Ci saranno anche degli assaggi…”
E
allora proseguirono, e andarono avanti, entrando nei padiglioni che avevano
pochi minuti di attesa.
“C’è
da fare la fila per ogni cosa, come a Disneyland…” commentò Rosaria.
“Sì,
ma non è Disneyland…”
Dopo
ore le gambe avevano perso un po’ di dinamismo, e il caldo cominciava a farsi
sentire… Camminavano, camminavano, e tante immagini passavano davanti ai loro
occhi, padiglioni che richiamavano Paesi, impressioni… Belli alcuni, davvero
belli, qui concordavano… il Qatar, ad esempio, suggestivo, una cultura affascinante espressa attraverso
il cibo, l’artigianato, ma quando si entrava dentro, nel centro del padiglione,
tutto appariva moderno, troppo moderno… E
l’Iran… quello sì che era bello, tante piante, affascinante…
“Sono
stanca, Rosaria, fermiamoci. Mangiamo qualcosa. Hai visto prima i ristoranti
delle regioni italiane, potremmo provare qualcosa lì…” propose Linda.
“Mah…
io preferisco l’etnico, c’era un odorino in quel ristorante del Bangladesh…”
E
così prese il sopravvento la proposta di Rosaria, e tornarono nel piccolo
padiglione del Bangladesh. Riso speziato ad un prezzo basso. Carne in umido. La
donna al banco, sorridente, illustrava quelli ed altri prodotti tipici.
Alla
fine optarono per il riso speziato, leggermente piccante. Riso giallo, con note
sconosciute, armoniose eppure decise che invasero il palato.
“Certo che ce ne sono ancora di cose da
vedere, ci vogliono giorni per visitare tutto…” disse Linda.
“E’
che tutte queste scolaresche… Sono dappertutto, in ogni stand c’è una fila a
causa loro…”
“Che
ci vuoi fare… anche per i ragazzi è interessante, no?”
“Dici
che capiscano il senso dell’Expo?” chiese Rosaria.
“Beh,
si fanno un’idea dei Paesi…”
“Certo
che se ti devo dire una cosa… finora mi sembra quasi un luna-park, una fiera
con degli stand… sì qualche padiglione non è male, bella l’Austria, è tutta una
piccola foresta, avrà anche un significato, bello quello dell’Irlanda, dà
l’idea del Paese, nulla di pretenzioso, ma quello della Russia non mi ha
colpito, neanche quello degli Stati Uniti...
quello della Francia neanche… Mi
sarebbe piaciuto vedere il Giappone, ma hai sentito quanto c’era da aspettare?
Quaranta minuti… Con questo caldo, poi…” disse Rosaria.
“Certo
che ci sono tanti cibi tipici... quando mai capiterà di mangiare un piatto che
hai solo visto sui libri…”
“Comunque
non c’entra niente sfamare il pianeta. Eh no, diciamole le cose come stanno…”
La
piega della conversazione, sommata al caldo sempre più sfiancante, stava cambiando l’umore di Linda. Insomma,
cosa voleva l’amica? Quando mai sarebbe capitato di vedere tante cose, sentire tanti profumi…
“Si
vuole far sentire l’idea di un popolo…” abbozzò Linda.
“Un’idea
di un popolo… Tutti che mangiano, hai visto la fila… E poi alcuni padiglioni
sono di un freddo… danno una sensazione di tecnologia, respingente quasi… non
si sente l’anima di un popolo…, proprio no, te lo posso assicurare…”
Il
tono di Rosaria appariva irritante per Linda. Era cominciata bene, la giornata.
Con delle premesse buone. Un giorno interessante, dell’Expo si parlava da anni,
era bello in fondo esserci, vedere, godere di quel giorno. Questo pensava
Linda. E Rosaria a volte era troppo polemica.
Le
gambe andavano sempre più lentamente, nelle ore che seguirono. File ancora, con la rinuncia a vedere tanti padiglioni. E ad un certo punto l’uscita apparve lontana, troppo lontana…
“Certo,
se avessero fatto qualche mezzo per tornare indietro… Pensa a degli anziani,
devono fare tutta la strada a piedi…”
continuò polemica Rosaria.
Era
da mezz’ora che parlava solo lei. Era da
ore che un crescendo sottile di insofferenza, di visione negativa dell’evento
trasparivano dalle sue parole. E il caldo della giornata non aveva aiutato le
cose.
“Comunque
sembra un luna-park. Caro, per essere un luna-park.”
Linda
la guardò, con lo sguardo seccato. Ma non disse niente.
Erano
le sette di sera. Tante ore, caldo e piedi che facevano male.
“E
poi è troppo grande, troppo. Per dire cosa poi?” continuava Rosaria.
Finalmente
l’uscita.
“A
me è sembrato bello. Sarebbe da tornarci un’altra volta, senza tutte queste
file… Non abbiamo visto un sacco di cose. Può darsi che ci torno…”
Metrò.
Silenzio. Poche persone. Pensieri e stanchezza. Pensieri delle due, un silenzio
glaciale che era calato. Arrivano alla fermata da cui erano partite. Si
salutarono freddamente.
“Certo,
che stanchezza…” provò a dire Linda per rendere il commiato meno imbarazzante.
In
realtà Linda non l’aveva proprio sopportata, l’amica. Le sue lamentele si
sommavano al caldo, alla fatica, si erano sovrapposte ad ogni cosa. Troppo
grande, troppo caro, padiglioni con
senso di freddo, padiglioni forse interessanti ma troppe code, Disneyland,
l’ipocrisia del cibo come tema. No, basta. Andare a casa. Arrivare in stazione,
prendere il treno. Arrivare, farsi una
doccia e sdraiarsi sul divano con un tè
caldo.
Ma
sul treno, nel silenzio del vagone in cui stavano solo poco passeggeri,
immagini della giornata cominciarono ad apparire nella mente di Linda. L’acqua
della bottiglia che doveva bere, che cosa bizzarra, il padiglione del riso, il cibo che avevano mangiato a mezzogiorno, il
quadro del Tintoretto che aveva visto nel padiglione del Vaticano, per il resto
molto severo, i cartoni animati degli
Stati Uniti, la bevanda offerta nel padiglione della Russia. Immagini. Immagini
di cui non riusciva però ad avvertire particolari emozioni. Forse troppo caldo,
sì, la giornata non era stata favorevole, troppe scolaresche che sconfortavano
e creavano file pazzesche, sì, qualcosa di Disneyland di Parigi poteva ricordare questo Expo… Forse Rosaria
non aveva tutti i torti… E poi che cosa rimaneva di questo? Nutrire il pianeta…
Tanti stand per mangiare, dove la gente si abbuffava, per nutrire il pianeta…
Era più acuta, Rosaria, forse non aveva avuto tutti i torti a criticare…
Nel
suo viaggio di ritorno, sul tram semideserto, Rosaria guardava la città che
passava davanti ai suoi occhi. E cominciarono ad affiorare immagini della
giornata che si stava concludendo. Le file, il cacao, il riso, l’Iran, Israele,
la Francia, il Vaticano, la Romania… Nomi e impressioni… Una sottile nostalgia.
Forse aveva visto troppo poco, forse non aveva visto quello che c’era davvero
da vedere in quel lungo giorno. Unico giorno. La malinconia la invase,
ripensando al buon riso che quella donna del Bangladesh le aveva servito, con
il sorriso sulle labbra.
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