I resti dell’auto
blindata in cui morirono i ragazzi della scorta di Giovanni Falcone vengono riportati a Palermo in occasione del 25 anniversario della strage di Capaci
di Marina Zinzani
C’è un’auto che gira per l’Italia. Non
è l’ultimo modello di una nota casa automobilistica, di quel tipo che si vede
nelle fiere, in alcune feste, guardata con meraviglia da persone che sentono,
ahimè, di non potersela permettere.
E’ un’auto che ha fatto tanti
chilometri, ma non ha più le ruote per girare, non ha il motore che funziona, e
non ci sono neanche più i sedili. Eppure crea stupore, e tante persone si
fermano e guardano, pensano.
Si resta in silenzio, di fronte a
questa auto. Si sente indignazione, rabbia, pietà, sotto un’ombra che pervade.
Se la memoria non è fioca luce di cose
antiche, se la memoria è il faro che illumina il domani, questa auto diventa un
passo e un monito per il futuro. Perché l’auto su cui viaggeranno le future
generazioni corra verso un luogo di vita, di fatiche e cose giuste, lasciandosi
dietro il buio, il nulla.
Il 23 maggio, venticinque anni dalla
strage di Capaci, questa auto tornerà a Palermo.
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