Si piange a cucinare
le cipolle, e non solo. Quando le fiabe sono piene di orchi cattivi
di Marina Zinzani
La
violenza di quest’uomo devo trasformarla. Mi sono detta così un giorno, di
fronte alla sua ultima offesa. Avevo fatto tardi con mia madre, cioè sua
suocera. Non è mai corso buon sangue fra di loro, lei me l’ha detto
dall’inizio: “Non è l’uomo per te, ti farà soffrire.”
Perché
non si ascolta le madri: non lo si fa perché si pensa che non possano capire
l’innamoramento che divampa, e rende tutto una fiaba, loro hanno rughe, e
disillusioni. La loro conoscenza del mondo diventa un fardello triste, che si
rifiuta, da giovani, di portare.
Non
si ascolta le madri quando lui ti offende, la prima volta, e non hai certo
voglia di dirglielo a lei, quello che è successo. Le daresti un po’ ragione, ma
questo oscurerebbe la fiaba che hai pensato, almeno all’inizio, di vivere.
Le
fiabe parlano anche di orchi, di uomini cattivi che si incontrano nel bosco. Io
ne ho incontrato uno, è quello che ho sposato, quello che non piaceva a mia
madre.
Ci
sono molti motivi perché non sono ancora andata via da questa casa, da fuori
sembra tutto semplice, ma non lo è. Vedo, capisco tutto, ora. E un giorno dovrò
decidere di rompere questa famiglia all’apparenza felice e dire a tutti la
verità. Lui sembra un uomo buono, fuori. E’ in casa, con me, che si scatena, la
sua la definirei una violenza psicologica, soprattutto. Anche se qualche volta
mi ha toccato, dato una spinta, e poi non voglio ricordare. Ho una figlia
piccola, un lavoro saltuario e non so dove andare ad abitare, se esco da questa
casa. Il che rende tutto più difficile.
Ma
io sono forte, più forte di lui. Diffidare delle persone che sembrano fragili,
quelle che s’incurvano al passare del vento, che si commuovono per un film, una
parola, un gesto. Sono in realtà le persone più forti, molto determinate, a
volte.
E
io sono determinata a non piangere più, e non far vedere che ho pianto, oggi.
Ho gente a cena, i miei suoceri e mia madre. Sorvolo sul fatto che loro hanno
cresciuto un figlio così, con un’aggressività verso i più deboli. Sorvolo e
sono forte. Sono forte, io.
Ho
raccolto le lacrime sulla mia mano, e mi sono detta: adesso preparo una bella
cena, e sorrido, sorrido tutta la sera, davanti a lui, e parlo, converso, tu
non puoi scalfirmi, tu non lo farai più.
Ho
preparato una zuppa di cipolle gratinate. Ricetta francese, l’ho assaggiata in
Costa Azzurra, tanti anni fa. Altri tempi. Ho tagliato a fettine sottilissime
la cipolla, l’ho fatta rosolare con del burro, ho aggiunto un po’ di farina e
del brodo, e ho lasciato cuocere per un po’. Poi ho messo tutto in forno, con
dei crostini abbrustoliti e dell’emmental sopra.
E’
venuta bene, e a tavola c’era anche mia madre. L’ha assaggiata, e mi ha detto:
“Brava, è davvero buona. Ma cos’hai fatto agli occhi?”
“La
cipolla, mamma. Solo la cipolla” ho risposto, girando il viso.
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