La bellezza e l’eros? Qualcosa di imponderabile
di Paolo Brondi
Il filosofo
francese Michel Eyquem de Montaigne, nel Diario
di viaggio in Italia, un postumo del 1774, si chiedeva per quale ragione la
bellissima Poppea portasse il velo. Lo portava perché ciò che è nascosto, ossia
ciò che si mostra e non si mostra, risulta più erotico, più intrigante. Lo
stesso vale per la natura dell’éros.
L’éros deve avere il carattere che già gli
aveva dato Platone, quello non soltanto di espediente, di tecnica, o di
ricchezza, bensì anche di povertà e di assenza. Nella presenza di un oggetto
erotico deve anche ravvisarsi un’assenza, un carattere sfuggente.
Si pensa spesso che la bellezza insorga dalle strutture regolari, dalla proporzione. Nella bellezza dell’éros, oltre la regolarità, esiste un elemento imponderabile, un non so che, termine petrarchesco che sta per il latino nescio quid, che non dipende unicamente da proporzioni, armonie, o simmetrie, ma dal poetico e struggente mistero.
Si pensa spesso che la bellezza insorga dalle strutture regolari, dalla proporzione. Nella bellezza dell’éros, oltre la regolarità, esiste un elemento imponderabile, un non so che, termine petrarchesco che sta per il latino nescio quid, che non dipende unicamente da proporzioni, armonie, o simmetrie, ma dal poetico e struggente mistero.
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